Libere Risonanze: L'Italia è più terzo mondo dell'Egitto !

30 settembre, 2006

L'Italia è più terzo mondo dell'Egitto !

Oggi mi astengo dal commentare ma riporto pari pari un articolo apparso sul sito della Padania il 30/09/2006: è istruttivo leggere per capire bene che razza di debosciati siano gli europei.

PARLA UN EGIZIANO

«Le vostre leggi sono acqua fresca»

di MIRCO MAGGI

«Da noi se qualcuno ruba, stupra o ammazza non la passa liscia, e le prigioni sono prigioni vere, la polizia non scherza, non è come da voi in Italia dove i reati vengono di fatto “perdonati” ancora prima di essere giudicati».A parlare è Shamir (il nome è di pura fantasia per motivi di sicurezza), 38 anni, egiziano, da nove anni in Italia e titolare di una piccola impresa. Shamir è a tutti gli effetti un cittadino italiano, ha una famiglia, 4 figli.«Ho subito un grave danneggiamento da parte di un concorrente che mi ha bruciato parte del mio capannone. L’ho denunciato ai carabinieri e questo signore non ha nemmeno fatto un giorno di prigione. Anzi: il giorno dopo è venuto a minacciarmi di nuovo. È inconcepibile - continua Shamir - se ti raccontassi cosa succede da noi quando viene preso uno di questi soggetti, o un violentatore, o un assassino, non ci crederesti...»E così Shamir inizia il suo racconto. Per certi tratti sembrano storie tratte da un romanzo di Najud Mafuz o scene rubate dai film di guerra di Oliver Stone, eppure Shamir non è un uomo da iperbole, né è un millantatore. Ha vissuto tutta la sua infanzia in Egitto e la sua famiglia è egiziana da generazioni.Racconta che ha assistito all’arresto di un uomo che aveva abusato della figlia di un vicino di casa. «La polizia quando è andata a prenderlo lo ha arrestato prendendolo a calci e a pugni - ricorda Shamir -. Sanguinante lo hanno messo su una camionetta e da qual momento nessuno di noi lo ha più visto. Probabilmente è stato ucciso».E ancora Shamir ricorda quando ha fatto il servizio militare. Racconta che a volte i colpevoli......di omicidio venivano messi in un carcere speciale, dove le celle, piccole, non più di un paio di metri quadrati, erano piene d’acqua gelata. Il carcerato veniva immerso fino al torace e doveva restare così almeno per una settimana. Se non confessava il suo crimine passava altri sette giorni in quella cella chiamata di “rigore”. Probabilmente chiunque dopo un trattamento del genere avrebbe confessato qualsiasi cosa, ma Shamir sottolinea un concetto: «Da noi si interviene duramente solo quando si è certi del crimine, quando ci sono i testimoni e quando non ci sono dubbi. In questi casi è davvero meglio non essere presi e una volta in carcere non esistono possibilità di uscire o di sconti di pena. Altro che indulti, indultini e amnistie: chi sbaglia da noi paga».Chi commette furti gravi e ripetuti, continua nel suo racconto Shamir, non ha solo la paura del carcere ma quella di vedersi amputati gli arti, punizione inflitta fino a qualche anno fa, secondo Shamir. Queste mutilazioni avvenivano in piazza e Shamir confida di averne vista una e che suo padre insistette perchè lui la vedesse affinchè capisse cosa rischia un ladro. E quando il crimine è particolarmente efferato, quando la violenza su un minore è accertata o quando si tratta di attentati contro lo Stato o contro la sicurezza nazionale, c’è anche la pena di morte.«Quattordici soldati, quattordici proiettili. Una esecuzione pubblica affinché chiunque avesse in mente di delinquere ci pensi almeno due volte prima di farlo. La polizia in Egitto è rigida, così come lo è il codice penale. E lo stesso dicasi per le carceri.Shamir parla delle nostre leggi come qualcosa di blando, provvedimenti che non vengono applicati e lui stesso non riesce a comprendere come mai, specie per i reati di violenza carnale in preoccupante crescita in questi ultimi tempi, non si prendano posizioni nette al proposito. «Da noi ci sarebbe una esecuzione pubblica in piazza, una per tutte, che porrebbe fine a tutte le altre violenze. E il fatto che a commetterle siano extracomunitari in Italia non ferma la mia convinzione su leggi che dovrebbero essere piu severe. Sono padre e marito, e nessuno deve permettersi di toccare i figli degli altri».Il responsabile dell’ufficio stampa dell’Ambasciata egiziana, il dottor Alì Ashem spiega che in Egitto non vengono eseguite pene “corporali” sugli arrestati, e che nelle carceri egiziane il regime è simile a quello occidentale. «Certo, si tratta di carceri dure in ogni Stato, e fino a qualche anno fa esistevano da noi prigioni che prevedevano anche i lavori forzati, ma siamo adeguati agli standard occidentali ed escludo che avvengano ingiustizie o barbarie di nessun tipo».Ashem conferma che per alcuni reati gravi, come l’omicidio, la violenza carnale e l’attentato alla sicurezza nazionale, e per casi comunque rari e accertati, e sempre dopo la decisione di tutti i livelli di tribunale e dell’alta autorità islamica, può avvenire anche l’esecuzione capitale, prevista dal codice penale egiziano.«Da noi chi ruba non viene incoraggiato a rifarlo. Se chi ruba lo fa per mangiare è diverso, ma se i furti sono gravi c’è la reclusione certa. E si tratta di pene che vengono scontate, fino alla fine. Non incoraggiamo il nostro popolo a delinquere e le pene certe sono un bel deterrente».Ashim non esclude che in passato le leggi fossero molto più rigide in Egitto e che le carceri avessero misure di detenzione molto scoraggianti, ma negli ultimi dieci vent’anni anche in Egitto la situazione è andata man mano ad allinearsi con tutti i Paesi occidentali. «Da noi la legalità è un concetto di vita e chi delinque deve comunque sapere che verrà punito, senza troppa demagogia ma nemmeno con eccessiva durezza. Siamo convinti che l’uomo debba comportarsi bene, rispettare le leggi, le persone, e chi commette un crimine deve appunto pagare perché ha leso questi principi per noi assolutamente indispensabili».«Nel caso di violenza carnale, se esistono almeno quattro testimoni attendibili, se i referti medici parlano di inequivocabile stupro con lacerazioni e abrasioni e se non esiste il minimo dubbio sull’atto violento, il grado di punizione potrebbe addirittura arrivare a proporre la pena di morte - continua Hashem -. Ma anche in questo caso devono prima esprimervi tutti i livelli di giudizio con la colpevolezza e l’alta autorità islamica deve decretare l’esecuzione».

Consentitemi una piccola considerazione personale a margine dell'articolo: l'aver accolto un arabo di questa levatura in Italia non è solo un piacere ma un onore per il nostro popolo. Chiunque Lei sia, grazie Sig.Shamir e benvenuto tra noi !

1 Comments:

Blogger Massimo ha detto...

Certo che l'Italia di Prodi è messa davvero male se dobbiamo anche ricevere le rampogne e gli insegnamenti da un egiziano !

sabato, 30 settembre, 2006  

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