Libere Risonanze: Duel

12 dicembre, 2007

Duel

Lungi da me il difendere gli autotrasportatori il cui sciopero è sbagliatissimo non per le ragioni che rivendicano ma per le modalità con cui viene attuato. A coloro che bloccano intenzionalmente una strada, costringono alla cassa integrazione i lavoratori od impediscono alle ambulanze di circolare bisognerebbe espropriare il camion e ritirare la licenza facendo pagare tutti i danni causati. Sia chiaro, occorrerebbe essere durissimi in questi casi.

Le ragioni dei camionisti sono però sacrosante (ve lo dice uno che non ha camionisti in famiglia per cui non incappa in un conflitto d'interessi): vessati e tartassati da tasse e lassismo, essi si vedono costretti a mettersi letteralmente "di traverso" pur di far valere le proprie ragioni. Due fra tutte mi sembrano particolarmente impellenti e giustificate: i rincari del gasolio e la concorrenza sleale dei camionisti stranieri.

In un'Italia in cui sui carburanti esistono ancora accise derivanti dalla guerra in Somalia di sessant'anni fa, è incredibile come uno stato famelico e selvaggio sostenuto da un governo inetto (quando va bene) e folle (quando va normalmente) mantenga ancora lo status quo. Molto deriva dalla sconsiderata politica energetica condotta alcuni anni fa da parte dei partiti cosiddetti "ecologisti". Poco lungimirantemente i sinistri, gli ecologisti ed i verdi avevano imposto i loro NIET su tutto il comparto energetico. No all'energia delle centrali nucleari, si va tutti col petrolio. Risultato: si inquina di più ed il petrolio in Italia viene usato anche per accendere una lampadina. Per colpa delle politiche terroristiche dei sinistri che hanno demonizzato la produzione di energia atomica per usi civili spaventando la gente, si è prodotto uno sconsiderato aumento dei prezzi che già in campo internazionale è piuttosto alto. I paesi che ci vendono gli idrocarburi, infatti, conoscono benissimo la nostra situazione energetica ed applicano i prezzi che vogliono con buona pace del prezzo medio del barile.

La situazione è come quella di una persona che si trova nel deserto e non ha nulla da bere: mettiamo l'ipotesi che il suo fabbisogno fosse di cinque litri al giorno e che gli si vendessero questi cinque litri a due euro ma che egli potesse affrontare una spesa di un solo euro giornaliero. Ebbene, se gli venisse offerta la possibilità di costruire un pozzo da cui egli giornalmente estraesse due litri e mezzo di acqua, mi sembrerebbe un perfetto idiota se opponesse un rifiuto, anche perché chi gli vende l'acqua gli farebbe pagare questi cinque litri come l'oro.

Così va l'Italia: noi usiamo gli idrocarburi per tutte quante le nostre attività ed i fornitori ci tengono per le palle. Senza idrocarburi saremmo alla fame e quindi dobbiamo comprarli dall'estero. Ma quando gli idrocarburi arrivano in Italia già cari, diventano ancora più cari per il fatto che devono essere distribuiti non solamente su cinque o sei settori ma su centinaia di essi e si sa, dove c'é carenza di prodotto i prezzi salgono; d'altra parte lo stato, come un condor, aspetta questi rincari fregandosi le mani, in quanto ogni aumento sui prezzi dei carburanti significa proporzionalmente un aumento delle imposte basate su percentuale. Questa "fame" così selvaggia di idrocarburi porta quindi il prezzo del petrolio alle stelle anche sul mercato interno, addizionando i costi per l'acquisto della materia prima con quelli relativi alla speculazione: lo stato, infatti, sapendo che questo prodotto è vitale può permettersi di applicare le tasse che vuole. Il problema è che finché il mercato internazionale applica un prezzo accettabile le cose vanno avanti. Non appena c'é una crisi nell'aria, un tornado investe una raffineria, un bimbo con un petado fa saltare un pozzo o la Cina decide di acquistare più petrolio, il prezzo s'impenna e non esiste nessun ammortizzatore in grado di bilanciare l'equazione. Se avessimo più centrali nucleari, invece, si libererebbero risorse petrolifere che potrebbero essere dirottate sul mercato in cui gli idrocarburi sono strettamente necessari (come appunto quello dei trasporti), inondandolo di offerta e permettendo dunque l'abbassamento dei prezzi. Ma vaglielo a spiegare a Pecoraro.

Inoltre i camionisti sono, insieme ai commercianti ed alle industrie, coloro che subiscono in maniera più decisa la concorrenza sleale di alcuni stranieri. Ad un italiano si chiede, se vuol aprire un'attività, che cammini sulle acque e che porti anche un permesso compilato da Gesù in persona. Si chiede di impegnare un sacco di denaro, di rischiare, di perdersi in epocali trafile burocratiche, di sostenere tasse massacranti e di lavorare sette mesi all'anno per lo stato.

Però poi arrivano Mohammed e Boris: costoro possiedono immediatamente diritti, vantaggi, facilitazioni mai viste, se ne infischiano delle regole e lo stato non applica nei loro confronti la stessa severità che si impone agli italiani: per giunta si permette loro di girare ubriachi investendo pedoni come brilli, tanto non qui si espelle nessuno né si fanno più di tre mesi di galera con piscina annessa.

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