Libere Risonanze: Fallitalia

12 settembre, 2008

Fallitalia

Avete presente la leggenda di Re Mida, il re della Firgia che implorò Dioniso di fare in modo che tutto ciò che toccava si trasformasse in oro?

Bene, in circolazione vi è un altro Re Mida, quest'ultimo avente proprietà diametralmente opposte: i sindacati. Ciò che toccano i sindacati va in cacca e questa sarà una responsabilità che graverà pesantemente sulle spalle di chi sta sabotando il salvataggio di Alitalia.

I sindacati forse non hanno capito che i loro rappresentati sono in un mare in tempesta, ma belli come il sole e con fiero cipiglio, infischiandosene di tutto e di tutti pretendono ugualmente di navigarci sopra con un transatlantico a 5 stelle. Mondo, fa quel che tu vuoi ma questo è il mio passo...

Dunque Alitalia fallirà. Dispiace solo per le migliaia di persone che avrebbero accettato, certo non per coloro che hanno stracciato il piano di salvataggio, né per i sindacati. Certo che se fossi un industriale mai e poi mai investirei in Alitalia e più in generale, in nessuna società od industria italiana eccettuata magari solo la Ferrari o poche altre eccellenze esistenti nel nostro paese
Cercare di salvare un'azienda e posti di lavoro nel nostro paese è attualmente come cercare di convincere un mulo a camminare: tanta fatica per ottenere solo ed ingratitudine.

Dall'opposizione, com'é prevedibile, si iniziano a sparare le prime prevedibili bordate: "il piano del governo fa schifo" si dichiara. Già, fa schifo perché cerca di eliminare le storture di chi per anni è vissuto a suon di scioperi selvaggi e rivendicazioni continue mentre il resto del paese stringeva pazientemente la cinghia.

A questo punto Berlusconi ha fatto tutto il possibile: che molli Alitalia e mandi tutti quanti a casa, non meritano altro che questo.
Gli imprenditori impegnati nel tentativo di salvataggio potranno sempre acquistare il marchio e strutturare da zero una nuova Alitalia, se lo desiderano, stavolta assumendo personale meno bollente.

Ripensandoci, in fin dei conti l'esito più negativo è forse quello più giusto.

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