Libere Risonanze: Il cervello non si compra

29 giugno, 2009

Il cervello non si compra


Non mi sono mai piaciuti gli idoli delle canzonette né quelli del pallone, non a causa di una mia idiosincrasia per il genere, s'intende, solo perché ritengo che il rapporto tra il dare e l'avere sia troppo sbilanciato verso quest'ultimo.

Con questo non dico di non aver mai visto una partita di calcio, di non essermi mai entusiasmato per un gol o di non aver mai ballato grazie alle vecchie glorie che hanno accompagnato la mia giovinezza ma sono sempre stato molto critico nel confrontare le indubbie capacità di certe persone raffrontandole al successo troppo spesso esagerato che essi hanno ottenuto grazie a gente che si sperticava di fronte ad essi, neanche fossero Leonardo o Galileo.

Non che dica che Jackson non meritasse successo, fama e soldi, per carità. Semplicemente certe scene di innaturale devozione dei fan che urlano, si strappano i capelli e come mandrie alla carica travolgono transenne mi fanno inorridire, ora come quando avevo diciott'anni.

Talvolta vedo alla TV i vecchi filmati dei Beatles con sciami di persone che svengono, vomitano, urlano paonazzi o si picchiano selvaggiamente per un autografo. Questi sono comportamenti conseguenze di disvalori che vorrei la gente bandisse dal proprio modo di essere.

Tali comportamenti sono tanto fuorvianti quanto virulenti: il futile (che comunque è un aspetto necessario della nostra società perché fornisce da lavorare a moltissima gente) dilaga così tanto da prendere anche il posto del necessario. Capita così che molta gente sia talmente affascinata dall'irrilevante che la propria vita e la propria ragion d'essere ruoti attorno all'apparenza o peggio alle sorti di divi del cinema, della musica o dello sport. Vi sono persone che trascorrono tutta la settimana trascinandosi in una specie di limbo di una patologica aspettativa solo per arrivare alla domenica, giorno in cui per un'ora e mezza potranno urlare ed ammazzarsi per il proprio beniamino pallonaro. Vi sono parimenti orde di giovani che passano una o più notti all'addiaccio bivaccando come barboni davanti ad un negozio per acquistare la nuova playstation o l'ultimo libro di Potter all'esatto scattare della mezzanotte, quando un'attesa di ulteriori due-tre giorni permetterebbe loro di acquistare la stessa merce senza difficoltà perfino all'autogrill.

Ditemi voi se questo è un comportamento da persone normali.

Si badi, questo discorso non vuole assolutamente essere anticapitalista o socialista: in una società sono necessarie anche le canzonette così come il pallone, lo svago ed il videogioco. Nel loro genere vi sono indubbi geni, per cui ci sta pure che un cantante diventi molto ricco. Se è bravo ed originale se lo merita e siccome cantare, così come comporre, è una faticaccia (oltre che una dote naturale) è giusto che egli venga premiato. Il problema però sta nella maturità delle persone, perché vi sono dei limiti ben precisi per ogni cosa.

L'ultimo capitolo della follìa è stato quello di Jackson. Sulla pazzìa di certi fan incalliti mi sono già espresso sopra. Sul comportamento dell'uomo Jackson invece vorrei fare un paio di considerazioni: cos'é che porta una persona a ridusi in quello stato? I soldi? No, certamente. Vi sono milioni di esempi al mondo di persone ricche che sanno amministrare bene il loro capitale. Prendete ad esempio che so, Schumacher. E' un uomo saggio e molto equilibrato, sobrio e di famiglia. Però ha vagoni di milioni di euro. Vi sono persone che, nonostante ricchezze sterminate, non hanno perso di vista valori ed il senso del limite.
E' forse il pubblico? Nemmeno. Conosco fan talmente sfegatati per Schumi che se potessero scegliere tra la loro moglie ed il pilota di Kerpen butterebbero a mare la moglie.
E' forse il delirio di onnipotenza? Mah, credo che anche il più fesso dei cantanti sappia bene di essere in fondo uno qualunque, corruttibile come qualsiasi comune mortale.

No, niente di tutto ciò. Il motivo che spinge un uomo a ridursi come Jackson è la mancanza del senso del limite, esattamente come non lo possiedono alcuni dei suoi fan, quelli che focalizzano la loro vita inquadrandola non in un contesto di studio e fatica ma di scimmiottamento preconfezionato e facilmente importato dall'esterno.

Jackson non conosceva il limite che portava a distinguere palcoscenico e vita privata: per un puro fatto d'immagine egli ha schiarito la pelle in modo del tutto innaturale assumendo farmaci e rovinandosi l'epidermide, quasi che la sua vita fosse una sorta di finzione che purtroppo alla fine non è stata.
E che dire dei debiti accumulati? Cinquecento milioni di dollari. Io non riuscirei a contrarre un simile debito nemmeno se mi impegnassi a fondo per la vita intera. In più, annualmente Jackson bruciava i proventi che gli venivano dai suoi guadagni.
Il suo comportamento in pubblico non era da meno: si presentava in tribunale vestito come se andasse a cantare in uno show, sbatteva letteralmente il figlio appena nato fuori dalla finestra di un palazzo come un lenzuolo col rischio di farlo sfracellare al suolo per mostrarlo ai fotografi, si presentava con mascherine per evitare assurdi contagi, si autodistruggeva a forza di plastiche ed interventi "estetici". Alla fine sembrava uno squalo.

E che dire dei medici che circondavano Jackson? Dov'era la loro etica professionale? Perché non rifiutavano di accondiscendere a tutti i capricci di quel personaggio? Fu solo per denaro? Ed allora, perché Jackson pagava letteralmente i suoi becchini? Forse non si accorgeva di ciò che erano? Probabilmente sì ma non glie ne fregava niente, esattamente come coloro che fumano due pacchetti di sigarette al giorno e che quando li si avverte del rischio di tumore danno le risposte più cretine tipo "se deve mi venire, mi verrà" oppure "ci sono tante cose che fanno male" o "mio nonno è campato fino a 90 anni fumando come un turco".

Però quando costoro escono dall'ospedale con la lastra dei polmoni devastati e sei mesi di vita iniziano a piangere, tremare ed impazzire dalla paura. E allora, cos'é che fa l'uomo così avventato? La ricchezza? No, altrimenti questo fenomeno non sarebbe così trasversale nelle fascie sociali di tutto il mondo.

La verità è che col cervello si nasce e se non lo si possiede non c'é nulla da fare. Questa regola vale per i fan, vale per i cantanti, vale per noi persone comuni. E' come nascere con gli occhi azzurri o con i capelli neri. Il fatto di dire che una persona è morta perché "uccisa dal suo successo e dalla sua ricchezza" è un'ipocrisia perché anzi, proprio ricchezza e successo danno la possibilità alle persone di scegliere la vita che vogliono: al mondo vi sono milioni di maniere sane per esprimersi, comunicare, presentarsi, vivere ed essere. Con il denaro tanto si può fare per sé e per gli altri.

In conclusione l'unica vera pistola puntata alla tempia di un uomo è la sua mancanza di autocontrollo e quindi di barriere morali. Ma ciò che è più grave per chi occupa una posizione da star è che quando egli preme il grilletto non pone fine solo alla sua vita pubblica ma trascina nel gorgo anche quella privata, visto che spesso diviene la stressa cosa. Il brutto però è che così facendo vi saranno altre centinaia di migliaia di pistole cariche puntate contro altrettante tempie e pronte a scattare.

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