Libere Risonanze: settembre 2006

30 settembre, 2006

L'Italia è più terzo mondo dell'Egitto !

Oggi mi astengo dal commentare ma riporto pari pari un articolo apparso sul sito della Padania il 30/09/2006: è istruttivo leggere per capire bene che razza di debosciati siano gli europei.

PARLA UN EGIZIANO

«Le vostre leggi sono acqua fresca»

di MIRCO MAGGI

«Da noi se qualcuno ruba, stupra o ammazza non la passa liscia, e le prigioni sono prigioni vere, la polizia non scherza, non è come da voi in Italia dove i reati vengono di fatto “perdonati” ancora prima di essere giudicati».A parlare è Shamir (il nome è di pura fantasia per motivi di sicurezza), 38 anni, egiziano, da nove anni in Italia e titolare di una piccola impresa. Shamir è a tutti gli effetti un cittadino italiano, ha una famiglia, 4 figli.«Ho subito un grave danneggiamento da parte di un concorrente che mi ha bruciato parte del mio capannone. L’ho denunciato ai carabinieri e questo signore non ha nemmeno fatto un giorno di prigione. Anzi: il giorno dopo è venuto a minacciarmi di nuovo. È inconcepibile - continua Shamir - se ti raccontassi cosa succede da noi quando viene preso uno di questi soggetti, o un violentatore, o un assassino, non ci crederesti...»E così Shamir inizia il suo racconto. Per certi tratti sembrano storie tratte da un romanzo di Najud Mafuz o scene rubate dai film di guerra di Oliver Stone, eppure Shamir non è un uomo da iperbole, né è un millantatore. Ha vissuto tutta la sua infanzia in Egitto e la sua famiglia è egiziana da generazioni.Racconta che ha assistito all’arresto di un uomo che aveva abusato della figlia di un vicino di casa. «La polizia quando è andata a prenderlo lo ha arrestato prendendolo a calci e a pugni - ricorda Shamir -. Sanguinante lo hanno messo su una camionetta e da qual momento nessuno di noi lo ha più visto. Probabilmente è stato ucciso».E ancora Shamir ricorda quando ha fatto il servizio militare. Racconta che a volte i colpevoli......di omicidio venivano messi in un carcere speciale, dove le celle, piccole, non più di un paio di metri quadrati, erano piene d’acqua gelata. Il carcerato veniva immerso fino al torace e doveva restare così almeno per una settimana. Se non confessava il suo crimine passava altri sette giorni in quella cella chiamata di “rigore”. Probabilmente chiunque dopo un trattamento del genere avrebbe confessato qualsiasi cosa, ma Shamir sottolinea un concetto: «Da noi si interviene duramente solo quando si è certi del crimine, quando ci sono i testimoni e quando non ci sono dubbi. In questi casi è davvero meglio non essere presi e una volta in carcere non esistono possibilità di uscire o di sconti di pena. Altro che indulti, indultini e amnistie: chi sbaglia da noi paga».Chi commette furti gravi e ripetuti, continua nel suo racconto Shamir, non ha solo la paura del carcere ma quella di vedersi amputati gli arti, punizione inflitta fino a qualche anno fa, secondo Shamir. Queste mutilazioni avvenivano in piazza e Shamir confida di averne vista una e che suo padre insistette perchè lui la vedesse affinchè capisse cosa rischia un ladro. E quando il crimine è particolarmente efferato, quando la violenza su un minore è accertata o quando si tratta di attentati contro lo Stato o contro la sicurezza nazionale, c’è anche la pena di morte.«Quattordici soldati, quattordici proiettili. Una esecuzione pubblica affinché chiunque avesse in mente di delinquere ci pensi almeno due volte prima di farlo. La polizia in Egitto è rigida, così come lo è il codice penale. E lo stesso dicasi per le carceri.Shamir parla delle nostre leggi come qualcosa di blando, provvedimenti che non vengono applicati e lui stesso non riesce a comprendere come mai, specie per i reati di violenza carnale in preoccupante crescita in questi ultimi tempi, non si prendano posizioni nette al proposito. «Da noi ci sarebbe una esecuzione pubblica in piazza, una per tutte, che porrebbe fine a tutte le altre violenze. E il fatto che a commetterle siano extracomunitari in Italia non ferma la mia convinzione su leggi che dovrebbero essere piu severe. Sono padre e marito, e nessuno deve permettersi di toccare i figli degli altri».Il responsabile dell’ufficio stampa dell’Ambasciata egiziana, il dottor Alì Ashem spiega che in Egitto non vengono eseguite pene “corporali” sugli arrestati, e che nelle carceri egiziane il regime è simile a quello occidentale. «Certo, si tratta di carceri dure in ogni Stato, e fino a qualche anno fa esistevano da noi prigioni che prevedevano anche i lavori forzati, ma siamo adeguati agli standard occidentali ed escludo che avvengano ingiustizie o barbarie di nessun tipo».Ashem conferma che per alcuni reati gravi, come l’omicidio, la violenza carnale e l’attentato alla sicurezza nazionale, e per casi comunque rari e accertati, e sempre dopo la decisione di tutti i livelli di tribunale e dell’alta autorità islamica, può avvenire anche l’esecuzione capitale, prevista dal codice penale egiziano.«Da noi chi ruba non viene incoraggiato a rifarlo. Se chi ruba lo fa per mangiare è diverso, ma se i furti sono gravi c’è la reclusione certa. E si tratta di pene che vengono scontate, fino alla fine. Non incoraggiamo il nostro popolo a delinquere e le pene certe sono un bel deterrente».Ashim non esclude che in passato le leggi fossero molto più rigide in Egitto e che le carceri avessero misure di detenzione molto scoraggianti, ma negli ultimi dieci vent’anni anche in Egitto la situazione è andata man mano ad allinearsi con tutti i Paesi occidentali. «Da noi la legalità è un concetto di vita e chi delinque deve comunque sapere che verrà punito, senza troppa demagogia ma nemmeno con eccessiva durezza. Siamo convinti che l’uomo debba comportarsi bene, rispettare le leggi, le persone, e chi commette un crimine deve appunto pagare perché ha leso questi principi per noi assolutamente indispensabili».«Nel caso di violenza carnale, se esistono almeno quattro testimoni attendibili, se i referti medici parlano di inequivocabile stupro con lacerazioni e abrasioni e se non esiste il minimo dubbio sull’atto violento, il grado di punizione potrebbe addirittura arrivare a proporre la pena di morte - continua Hashem -. Ma anche in questo caso devono prima esprimervi tutti i livelli di giudizio con la colpevolezza e l’alta autorità islamica deve decretare l’esecuzione».

Consentitemi una piccola considerazione personale a margine dell'articolo: l'aver accolto un arabo di questa levatura in Italia non è solo un piacere ma un onore per il nostro popolo. Chiunque Lei sia, grazie Sig.Shamir e benvenuto tra noi !

27 settembre, 2006

Viva la pena di morte !

La Baraldini è libera, alla faccia di tutti coloro che non amano la pena di morte.

Gli Stati Uniti hanno fatto un errore: si sono fidati del paese dei pagliacci, e si sa, i pagliacci sono imprevedibili. Senza le pressioni dell'Italia personaggi simili sarebbero stati fritti in men che non si dica.

E' esattamente questo il rischio che si corre quando si vuole abolire la pena di morte contro i criminali: a parte il discorso sull'equità del contrappasso, la pena di morte garantisce l'irreiterabilità del crimine, esclude indulti e mette i complici nell'impossibilità di prendere ostaggi per chiedere la liberazione del condannato. Mica male, no ?

Inoltre la pena di morte zittisce tutte quelle associazioni paradelinquenziali che amano tanto Caino e se ne fregano di Abele.

Viva la pena di MORTE !

26 settembre, 2006

Immigrati: la politica delle brache calate.

Mentre stamattina guidavo, smanettando un pò con il joysitck dell'autoradio mi sono imbattuto in una trasmissione radiofonica di Rai Stereo 1 in cui si cercava di affrontare il discorso immigrazione.

Ebbene, alla fine di questo programma piatto e senza nerbo sarei voluto intervenire in diretta perché l'occasione era troppo ghiotta. Desistetti dalla tentazione di telefonare solo per via del fatto che sebbene il conduttore invitasse gli utenti a dire la loro al numero 800 e qualcosa, in realtà la trasmissione era taroccata e di spazio per gli utenti non ve n'era traccia. Al posto degli utenti, invece, trovavano largo spazio esimi psicologi, dotti sociologi, autorevoli letterati e sconosciuti ma famosissimi opinionisti, tutti legati dal solito minimo comune multiplo, ovvero la parola "dialogo".

Prima perplessità del sottoscritto, giusto per una mera questione di significato: l'imperativo categorico di "cercare il dialogo" ricorda un pò la famosa paroletta usata dai politici, il "bisogna".

Per i politici bisogna trovare la convergenza, bisogna proteggere i cittadini, bisogna aumentare gli stipendi, bisogna rilanciare l'industria, poi le componenti del governo fanno a seggiolate in parlamento, promulgano leggi che scarcerano i delinquenti, sparano bordate sulla casa, salassi sull'auto, balzelli sulla benzina, prelievi sulla luce, sul gas e mortificano la meritocrazia. Bisogna, bisogna, bisogna. Ma in che modo ? E per pagare tutte queste tasse ? Sulla dichiarazione dei redditi scrivete pure che bisogna essere supermilionari.

Ascoltati dunque gli scialbi opinionisti galleggiare arditamente su un discorso fatto di reciprocità, di stati di diritto, di rispetto per le altre culture e d'ineludibilità immigrativa il programma volse al termine chiosando sul fatto che gli autoctoni italiani si sarebbero dovuti sacrificare un pò per permettere la pace sociale e la multietnicità, che in fondo siamo egoisti e forse, tra le righe, anche un pò razzisti.

L'esempio di intolleranza che veniva portato era quello di una donna musulmana abitante a Como che portava i suoi figli a scuola indossando un burka con tanto di feritoia per gli occhi. Nella trasmissione si affermava che i bambini "non potevano avere paura" di quella donna e si condannava nemmeno tanto implicitamente il comportamento dei genitori degli altri alunni i quali protestavano vivacemente. Ultima nota alla vicenda: il padre del bambino si sarebbe rifiutato di mandare il figlio a scuola nel caso sua moglie non vi avesse potuto accedere con il burka.

Subito ho fatto le mie considerazioni: quanto all'esempio di cui sopra c'é da rilevare che innanzitutto il razzismo non è perpetrato ai danni del musulmano ma semmai a danno degli italiani. A parte il fatto che da bambino Belfagor (che appunto portava una specie di burka) mi spaventava assai, direi che per un musulmano il ricattare in questo modo la comunità provocando un danno al proprio figlio è a dir poco scandaloso. Al padre del ragazzo non solo andrebbe levata IMMEDIATAMENTE la patria potestà ma dovrebbe essere anche interrogata la moglie per stabilire se l'uso del burka sia condiviso dalla donna per scelta o sia invece frutto di costrizione. Sottolineando queste considerazioni ci avviciniamo al quid tralasciato dagli ospiti, ovvero che le frizioni tra culture non sono dovute ad intolleranze di natura prettamente folkloristica ma dalla mancata sintonia tra legalità e scelta di vita personale.

Nel caso di cui sopra, ed esempio, occorre citare l'articolo 85 del Testo unico della legge di pubblica sicurezza (decreto regio 18 giugno 1931, n. 773) che vieta di "comparire mascherati in luogo pubblico" e prevede per i trasgressori una "sanzione amministrativa". Chi, invitato a farsi identificare, rifiuti di farlo, è poi punito con un'ulteriore ammenda.
L'articolo 2 della legge 8 agosto 1977, n. 533 (Disposizioni in materia di ordine pubblico) vieta invece l'uso di caschi protettivi, o di "qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo". Per chi trasgredisce è previsto l'arresto da sei a dodici mesi e una sanzione amministrativa.

Il caso della donna avvolta dal burqua è emblematico: l'usanza relativa a questa pratica è illegale e la mediazione tra stato di diritto e cultura islamica impossibile. Se infatti si permettesse alla donna l'uso del burqa si dovrebbe permettere anche ai cittadini di girare in calzamaglia, né si potrebbe invocare per il misticismo della donna l'attenuante del "giustificato motivo" in quanto esso privo di limiti oggettivi. Per la mia religione, ad esempio, un giustificato motivo potrebbe essere il girare con un sacchetto per il pane in testa. Seguendo questo perverso ragionamento si potrebbero fondare sette religiose in cui è fatto obbligo per i seguaci perfino di girare armati o sacrificare tre vergini l'anno. A questo punto nessuno potrebbe eccepire alcun obbligo perché la libertà religiosa sarebbe prioritaria rispetto alle leggi dello stato; ovviamente ciò trascinerebbe una nazione nel caos, come in gran parte dei paesi musulmani infatti avviene e come si può facilmente arguire vedendo le dimostrazioni delle folle musulmane avvolte dentro le kefiah ed armate di fucili mentre sparano raffiche in aria.

Altro esempio di conflittualità tra le leggi in vigore in Italia e le usanze religiose è quella dell'abbattimento dei capi da macellazione con il rito musulmano ed ebraico.
Le leggi europee a tutela delle condizioni minime di sopravvivenza e dignità degli animali da macello impongono che all'animale siano risparmiate inutili sofferenze prima e durante l'abbattimento. L'abbattimento secondo il rito musulmano ed ebraico prevede invece lo sgozzamento, ovvero il taglio della carotide e la lenta morte per dissanguamento dell'animale.
A parte tutta la repulsione per una simile barbara usanza è da notare quanto sia incolmabile la distanza tra le leggi vigenti e la pratica religiosa.

In sintesi, qui non stiamo scrivendo del fatto di come si prega o di chi si adora: gli immigrati hanno tutti i diritti di adorare Dio, Allah, Visnù, Budda od un totem, possono pregare a carponi, in equilibrio su una gamba od aggrappati ad un lampadario, possono rivolgersi verso la Mecca, Medina o Acapulco e circuitare attorno alla pietra nera, verde, rossa od ad una bionda di passaggio.

Ciò che noi, italiani dalla nascita, non tolleriamo, è il fatto che questi signori vengano qui, A CASA NOSTRA e comandino infrangendo le NOSTRE LEGGI, le quali invece devono valere al di sopra di ogni credo.

Le nostre leggi non solo DEVONO VALERE OVUNQUE SUL NOSTRO SUOLO MA DEVONO ESSERE RISPETTATE DA TUTTI, ITALIANI, COMUNITARI, EXTRACOMUNITARI, IMMIGRATI ED ALIENI COMPRESI.

Se gli stranieri capiscono questo, allora in misura sostenibile le porte dell'Italia potrebbero anche spalancarsi.

Altrimenti vadano al diavolo loro, le loro religioni e le loro famiglie; se vogliono lavorare in un paese libero si rimbocchino le maniche e comincino ad inventarsi il rinascimento, l'illuminismo e la sanguinosa rivoluzione francese contro Imam retrogradi e violenti che spesso usano la loro ignoranza come carburante per l'instaurazione e/o il mantenimento di stati confessionali brutali che di religioso non possiedono nulla.

QUINDI LA QUESTIONE DIVENTA SEMPLICE: SE IL PRETENDERE DI COMANDARE A CASA MIA E' RAZZISMO ALLORA SI', SONO RAZZISTA E ME NE VANTO.

17 settembre, 2006

L'11 settembre di Massimo Fini

Il 10 settembre 2006 come tutte le mattine (e come spero ancora per lungo tempo) mi alzo dal letto, vado in edicola ed acquisto Il Resto del Carlino pensando di trovare articoli sull'11 settembre di cinque anni fa. Inizio a sfogliare il quotidiano ma quando arrivo a pagina 16 la trovo interamente presidiata da un articolo di Massimo Fini. Il Resto del Carlino è un giornale serio, vi si trovano ottimi articoli e la sua redazione è di tutto rilievo. Ovvio che tra i giornalisti accreditati ve ne sia uno, come in tutte le migliori famiglie, che si proponga al pubblico come pecora nera. Avevo voglia di ridere, quel giorno: Massimo Fini era l'ideale in quanto le sue sparate contro l'occidente archetipo di una civiltà rea di ogni nefandezza possibile, dalle guerre allo tsunami, dalla rapina a mano armata all'infausto allineamento planetario, sono ottimo combustibile per le tesi di quei clown complottisti che odiano la verità preferendo la più perversa ideologia.

Aperto il giornale alla suddetta pagina leggo l'articolo, che si intitola "L'America ferita spara nel mucchio e spaglia bersagli". Tale articolo è bollato dal quotidiano come "LA PROVOCAZIONE", forse un modo della redazione per scusarsi con i lettori; ma allora perché pubblicarlo ? Vabbé, il solito Fini, mi dico. Inizio a leggere ma finisco progressivamente per strabuzzare gli occhi. Il perché lo potete leggere nel seguito del mio post o nell'articolo in versione integrale in formato .pdf all'indirizzo www.massimofini.it -> articoli -> articoli: se però avete intenzione di leggerlo sul serio o di proseguire con la lettura di questo post vi consiglio di farlo a stomaco vuoto.

Cominciamo:

In primo luogo si legge che alle due del pomeriggio dell' 11/9/2001 la sua ex moglie lo avvertì del dramma che si stava compiendo a New York, motivo per cui egli corse subito alla TV: non abbiamo dubbi che si fregasse le mani, visto quello che affermerà in seguito:

"Sembrava tutto finto, tanto era inverosimile: un modellino di plastica come si usano nelle riprese cinematografiche". Provavo pena per quei poveretti che sventolavano i fazzoletti bianchi e che, essendo sopra la linea d'impatto, non avevano scampo, e orrore - ma anche questa può essere un'immagine sovrapposta - per quei corpi che si lanciavano nel vuoto. Ma ero anche terribilmente attratto e affascinato. Come tutti, credo. Sarei però disonesto con me stesso e col lettore se nascondessi che nel groviglio dei sentimenti contraddittori che si agitavano in me c'era anche dell'altro".

In prima analisi leggiamo che il Fini non pensò subito alla realtà ma ad una macabra rappresentazione, come la famosa trasmissione radiofonica della Guerra dei Mondi di Orson Wells diffusa dalla CBS alle ore 20 del 30 ottobre 1938. Questo intrinseco non voler credere fino all'evidenza (e per taluni anche oltre) è tipico di certi personaggi che, per non vederle crollare miseramente, si avvinghiano alle loro teorie piuttosto che prender immediatamente coscienza della realtà. Pertanto, quando arriva il momento in cui le loro certezze crollano miseramente con la mente navigano a vista verso chissà quali intrighi dietrologici, simili a quelli per cui la NASA avrebbe simulato lo sbarco sulla Luna oppure di quella leggenda metropolitana che vede gli statunitensi nella posizione di possedere da anni la cura contro il cancro ma di non volerla divulgare per poter commerciare ancora i loro farmaci oncoterapici. Ad un analista abituato a ragionare sui FATTI, questo comportamento di matrice onirica connotato dal suffisso "fanta-" potrebbe suscitare certo un sorriso ma tosto dovrebbe suggerire anche un pò di compatimento.
Verso la fine di questo breve scorcio di articolo, però, inizia il climax ascendente del Fini-pensiero: i pensieri contraddittori, peraltro, gli si agitavano dentro, c'è da capirlo. Scopriamo quali essi fossero.

"Per tutta la vita ho sognato che bombardassero New York. Per far capire agli americani, che fino ad allora non erano stati colpiti sul loro territorio mentre avevano colpito, con tranquilla e spietata coscienza, in quelli altrui, che avevano bombardato a tappeto Dresda, Lipsia, Amburgo e Berlino col premeditato proprosito di uccidere milioni di civili per "fiaccare - come dissero i loro comandanti politici e militari - la resistenza del popolo tedesco", che hanno sganciato l'Atomica su Hiroshima e Nagasaki, che avevano bombardato la mia città, Milano (gli adulti mi dicevano che ci avevano liberato, ma io bambino vedevo solo le facce delle case ergersi senza corpo, come le quinte di teatro, le orbite vuote delle finestre e delle macerie), che nel dopoguerra hanno fatto centinaia di migliaia di vittime innocenti in ogni parte del mondo (lo scrittore Gore Vidal ha contanto 250 attacchi che gli Stati Uniti hanno sferrato senza essere stati provocati), per fargli capire, insomma che cos'é un bombardamento".

Una nota tecnica innanzitutto: se al liceo classico avessi scritto un periodo così lungo, ardito, mal punteggiato e grammaticamente dissestato mi avrebbero ricacciato a ripetere le medie con due pedate nel sedere. A parte il fatto che il discorso segue una linea spezzata irta di "che", c'é da rilevare che il Fini raggiunge l'apoteosi della devastazione grammaticale con il "fargli capire" riferito agli americani, ovvero quando colloca in un ring la prima persona singolare e la terza plurale. Molte virgole, poi, sono fuori posto e non si trova traccia nemmeno di un pietoso punto e virgola, così, tanto per dar tregua al fiato di un lettore che desiderasse leggere a voce alta (ma chi lo farebbe ?). Inoltre un errore grossolano che ricorre in tutto l'articolo sta nel fatto che Fini identifichi gli statunitensi con gli "americani"; inutile dire che tra popoli "americani" vi sia una bella differenza. Americani sono anche brasiliani, argentini, peruviani ed hondureni. Sarebbe come scrivere "gli europei" riferendosi agli italiani. E' buffo scoprire quanto regni incontrastato il pressapochismo nell'uso della lingua da parte di un personaggio che si definisce "scrittore".
Quanto al lungo coacervo d'idee racchiuso interamente in un'unica frase, esso appare logicamente sconnesso a causa del fatto che il Fini mette tutto nel calderone: l'autore dell'articolo esordisce infatti partendo con il desiderio del bombardamento di New York, inerpicandosi poi sui presunti sentieri dei crimini made in USA, deviando verso un'esperienza personale, correndo con la memoria al Sig. Vidal ed il tutto "per fargli capire (agli americani, n.d.r.) cos'é un bombardamento", atterrando d'emergenza sul discorso di partenza dopo un temerario volo nella rarefatta stratosfera sintattica.

Note tecniche a parte, però, le dichiarazioni di Fini sono detestabili quanto immonde. Egli sogna che Hitler fosse stato in grado di bombardare New York, come se lo scoppio della seconda guerra mondiale fosse stato causato dagli statunitensi e non dalla Germania nazista. Egli cancella con un bel colpo di spugna le leggi razziali, l'olocausto, gli ebrei fatti al cartoccio, l'emarginazione, l'invasione della Polonia, la guerra in Africa e tutto ciò che di nefasto il nazismo ha prodotto. Egli dimetica intenzionalmente il fascismo, non quello degli anni della rinascita italiana ma quello cupo della dittatura e dell'alleanza con i tedeschi. Fini dimentica inoltre l'appoggio incondizionato che la popolazione diede al proprio Furher nonostante la violenza del regime nei confronti delle altre popolazioni. Perché mai allora un popolo come quello tedesco non avrebbe dovuto pagare per gli orrori che contribuì a produrre ? Visto che il Fini considera la guerra portata in mezzo ai civili alla stregua di un crimine, allora perché egli sogna da una vita "che qualcuno bombardi New York" ? Non è forse una contraddizione in termini ?

Ma non solo: correndo con la sua (breve) memoria alla guerra contro il Giappone, Fini dimentica Pearl Harbor ed il vigliacco attacco a tradimento che costò agli statunitensi mezza flotta nel Pacifico. Inoltre egli dimentica che il Giappone non si arrese come fecero i tedeschi ma che continuò a combattere anche dopo la debacle dell'asse, che l'unica strada praticabile per Truman per piegare l'Impero del Sol Levante sarebbe stata l'invasione e che una tale eventualità avrebbe richiesto una carneficina ben più pesante in termini di uomini e civili di quanto non avesse richiesto la soluzione atomica. Forse che egli ritiene le considerazioni sulla responsabilità una sorta di dettaglio ?

Una volta lessi un assurdo articolo dello stesso Fini che commentava quanto fossero vigliacchi gli americani nel combattere la guerra con i cacciabombardieri, mentre gli arabi avevano a disposizione solamente Kalashnikov: egli si scandalizzava perché il combattimento non fosse ad armi pari, come in un incontro pugilistico. A parte la risibilità del concetto non ho mai letto Fini scrivere di quanto fossero vigliacchi i fondamentalisti nel sottomettere i più deboli (le donne, per esempio) ed a lanciarsi con le armi contro turisti indifesi, piazzar bombe e tagliare la gola agli ostaggi. Se deve valere il concetto del ring mi pare che anche in questo caso non vi sia un grande equilibrio tra le parti.

Quanto al Sig. Vidal, nessuno ha mai pensato che un paese non abbia scheletri nell'armadio, USA inclusi. Vorrei conoscere il parametro standard per il conteggio di Vidal: certo che se costui classificasse la guerra d'Iraq come "immotivata" allora il numero reale delle guerre d'aggressione perpetrate dagli Stati Uniti scenderebbe di molto. Paesi come l'Italia, la Germania, la Francia, la Russia, la Cina, l'Argentina e via dicendo da che mondo è mondo hanno tutti quanti avuto le loro brave guerre intestine e non, d'aggressione o di difesa. Fini però dimentica che nel novero dei paesi irresponsabili vi stanno di diritto anche i suoi adorati paesi del terzo mondo (nei quali le guerre sono più comuni delle pietre) ed i paesi arabi, da sempre in conflitto tra loro, con Israele e con tutte le genti non islamiche.

Procedendo con la lettura del zoppicante articolo, il Fini continua:

"Gli americani hanno ricavato la lezione opposta. Non vi hanno riflettuto sopra. Invece di chiedersi come mai proprio loro, gli onesti, bravi, buoni, simpatici yankees (perché tali si credono, in totale buona fede) erano oggetto di un odio così feroce, cieco e disperato, han preso l'abbrivio per dare una ulteriore accelerazione ai loro deliri di egemonia universale, che non partono dal dopo 11 settembre ma hanno avuto inizio all'indomani dell'Unione Sovietica".

La risposta al quesito sull'odio contro "gli americani" è più che lampante ma Fini, come d'abitudine, non la scorge: è proprio il mondo più rappresentativo della libertà, della democrazia, dello sviluppo tecnologico e della parità tra gli uomini e donne ad essere il più temuto ed odiato da coloro che predicano il medioevo e l'oscurantismo. Tra l'altro gli Stati Uniti sono gli unici a poter combattere militarmente le guerre contro la barbarie: negli anni questo paese ha potuto dotarsi degli scienziati migliori sfruttando anche il rifiuto delle ideologìe degli esiliati (in genere le persone più intelligenti) e mettendo a disposizione dei fuoriusciti gli strumenti per incoraggiare la propria formazione civile e professionale. Mentre in Europa si dava la caccia agli ebrei ed ai dissidenti sovietici, negli Stati Uniti essi hanno trovato appoggio: in quella realtà in cui detta legge la meritocrazia sono cresciuti fior di scienziati, manager, registi, scrittori, atleti, politici, società e multinazionali. E' ovvio che tutta questa ricchezza si sia riflessa anche nel potenziale militare ed è per questo motivo che sono sempre gli States i primi (e spesso i soli) a poter intervenire nelle guerre. Essi sono i primi al mondo in moltissimi settori e questo li fa odiare ancora di più dai loro detrattori. I paesi europei (Inghilterra esclusa) invece, che negli anni della guerra fredda hanno traccheggiato tra cavilli e distinguo rifuggendo dalle proprie responsabilità, hanno fatto la figura dei mantenuti, traendo immeritatamente i benefici indiretti della conservazione della loro libertà dalle guerre di cui gli USA si sono fatti carico. La stabilità internazionale, la difesa della democrazia e non ultimo quella del territorio europeo erano affidati quasi totalmente agli States. Merito degli Stati Uniti se siamo stati liberati dal nazifascismo, se ci chiamiamo Italia e non Stalinland e se uno scrittore come Fini può avere una casa, scegliere il lavoro che vuole, girare in auto e scaldarsi d'inverno consumando il petrolio (ma guarda...!!!), se può permettersi di far pubblicare le sue sgangherate teorie su un giornale a tiratura nazionale. In Russia, in Cina, nel mondo arabo, in Corea ed in molti altre nazioni nel mondo il Fini "oppositore del potere" avrebbe scritto al massimo sul muro di una cella, se gli fosse andata bene; invece Fini scrive comodamente al calduccio ed al riparo di una costituzione regalata dal sacrificio di tanti ragazzi statunitensi. Come mai Fini invece di scrivere in Italia non prova a scrivere contro Maometto in Arabia Saudita o contro Kim Jong-Il in Corea del Nord ?

Quanto all'Unione Sovietica, la storia e la realtà stanno come sempre agli antipodi di quanto dichiarato da Fini. Qualche esempio: la guerra di Corea fu provocata il 25 giugno del 1950 dall'esercito nordcoreano che varcò il 38° parallelo marciando con 80.000 uomini su Seoul. Per quanto concerne la guerra del Vietnam il "gentile" Ho Chi Minh iniziò la sua guerriglia contro la Francia prima e contro gli States poi allo scopo di unificare tutto il Vietnam sotto lo stellone comunista del Vietnam del Nord. A questo proposito egli fece giungere dall'URSS e dalla Cina aiuti militari per invadere il Sud. Mi pare ovvio che gli statunitensi fossero obbligati a reagire a quella che fosse una vera e propria minaccia per gli equilibri nel sud-est asiatico. Altri due esempi ? Dai rapporti Mitrokin e dall'apertura dei fascicoli del KGB inerenti alle strategie militari degli anni '60-'70 si scoprì che l'URSS aveva in preparazione piani dettagliati per il bombardamento nucleare dell'Europa come prologo all'invasione. I piani non scattarono mai solamente per via dell'impreparazione delle truppe sovietiche ad operare in ambiente altamente contaminato e per l'installazione dei provvidenziali euromissili (1979-1982). Poi vennero stipulati gli accordi ABM, SALT,INF e START (1972-1993) che fortunatamente disinnescarono questi propositi apocalittici. Quanto alla guerra d'Afghanistan, l'Urss non chiese certo il permesso al Consiglio di Sicurezza per poter invadere il paese, cosa che invece fu accordata nel 2001 agli Stati Uniti ed ai suoi alleati.

In altre parole chi giudica guerrafondai gli Stati Uniti ragiona come coloro i quali chiedono la condanna della vittima che ha sparato ed ucciso il rapinatore aggressore.

Per quanto concerne l'Iraq è bene ricordare che la risoluzione 1441 recitava che "Saddam non aveva ottemperato ai suoi doveri" e che la guerra d'Iraq era solamente sospesa, non finita. Saddam avrebbe dovuto dimostrare agli ispettori di non possedere armi nucleari ottemperando incondizionatamente ad OGNI richiesta di ispezioni a sorpresa avanzata dagli emissari delle Nazioni Unite. Saddam però non lo fece e recalcitò costringendo gli esperti ad un continuo nonché snervante nascondino, tra divieti e ridicoli rimpiattini. Dopo dodici anni (DODICI !) di prese in giro, risoluzioni ed avvertimenti dell'ONU andate come al solito in fumo e di minacce all'occidente da parte di Saddam, gli States finalmente si mossero. Armi proibite o no il problema non era SE Saddam le avesse ma se ne consentisse la verifica, cosa che regolarmente egli impediva. Né si possono addossare all'occidente le colpe per la miseria e la fame subite dalla popolazione nel post-prima guerra del golfo.
Durante la prima guerra del golfo, infatti, gli statunitensi non poterono calcare la mano sull'Iraq a causa dell'opposizione dell'allora URSS perché la Perestroika era ancora molto debole e Gorbaciov se la doveva vedere con un politburo irrequieto, lo stesso che difatti poi tentò il golpe. Lo statista sovietico, quindi, per non esacerbare gli animi dei massimalisti concesse alla coalizione SOLO la liberazione del Kuwait. Nonostante questa limitazione, però, l'esercito iracheno venne sbriciolato dalle forze della coalizione ma appena le ostilità terminarono Saddam si concesse il lusso di affamare la popolazione dando la priorità alle spese militari per ricostruire l'esercito. Questo obbiettivo fu perseguito con tale accanimento che Saddam, durante la seconda guerra del golfo, dispose a sorpresa di un esercito in grado di crearegrossi problemi a quello statunitense. Ricordiamo ad esempio la divisione Nabucodonosor, composta da uomini ben addestrati in possesso di sofisticati armamenti sovietici, la divisione "Baghdad", la "Hammurabi" e la "Medina", senza contare la famosa "Guardia Presidenziale" composta da miliziani d'elite ed agguerrita come non mai.
Altroché deliri di egemonia statunitense !

Procedendo con l'articolo si legge:

"Nel 1990 con la guerra del Golfo, che pure aveva le sue ragioni (ma Saddam sarebbe stato spazzato via già nel 1985 se proprio gli americani non fossero venuti in suo soccorso fornendogli le famose "armi di distruzione di massa") dove per non affrontare fin da subito, sul suo terreno, il ridicolo esercito iracheno, sotto la luminarie e i fuochi d'artificio che ci fece vedere il glorioso Peter Arnett, sono stati uccisi 160mila civili, di cui 32.196 bambini che non sono meno bambini dei nostri. Poi nel 1999, quando non era in corso nessuna lotta al terrorismo internazionale e l'11 settembre era di là da venire, con l'aggressione, questa volta senza ragione alcuna della Jugoslavia e il bombardamento, per 72 giorni, di una grande capitale europea, civile e colta, Belgrado".

Il problema di Fini sta ancora una volta nell'omissione della realtà dei fatti. Innanzitutto è acclarato che la prima guerra del golfo ebbe le sue brave ragioni. L'esercito iracheno invase il Kuwait, stato sovrano con la sola colpa di essere filooccidentale e nel far questo esso si macchiò di tali e tanti crimini da far rabbrividire il mondo. Questo colpo di mano del dittatore di Baghdad, inoltre, squilibrò notevolmente i mercati petroliferi e forte del ricatto economico Hussein si proclamò comandante in capo anti-occidentale. Ovvio quindi che l'occidente reagisse in maniera dura e decisa. Il tanto disprezzato petrolio degli slogan pacifisti (avete le mani sporche di petrolio...etc...) fino a prova contraria serve per far andare il nostro riscaldamento, per produrre luce elettrica, per far camminare le automobili, i camion, le industrie, per produrre materie plastiche e così via. Senza il petrolio l'occidente sarebbe alle corde e questo Saddam lo sapeva benissimo. Colpire l'occidente in questo modo sarebbe equivalso ad una dichiarazione di guerra. E così fu.

Quanto alla guerra Iran-Iraq, essa venne combattuta in piena guerra fredda e fu una guerra indiretta, da inquadrare ovviamente nella realtà dei blocchi contrapposti. L'impegno diretto degli USA a favore dell'uno o dell'altro contendente sarebbe stato visto dall'Unione Sovietica come un'ingerenza ed avrebbe potuto provocare una guerra globale. Durante questo periodo, infatti, le superpotenze preferirono appoggiare gaglioffi sanguinari piuttosto che intervenire direttamente. E' sempre stata questa, piaccia o no, la normale prassi di una guerra fredda, asettica, dicotomica, indiretta e drammatica nella sua semplicità: ad un delinquente pilotato da una superpotenza se ne opponeva, senza troppi complimenti, un altro della stessa risma pilotato dall'altra.
Forse Fini farebbe bene a ricordare che in quel periodo storico era in auge un certo Komeini e che la sua influenza bellicosa sul popolo sciita nella regione stava dando molti grattacapi. L'espansionismo sciita costituiva un pericolo perché predicava il panarabismo sotto la guida iraniana: la cosa avrebbe anche potuto essere tollerata se non fosse stato per le aggressive intenzioni dell'Ayatollah nei confronti dell'occidente e di Israele. Fu per questo motivo che gli Stati Uniti dovettero scegliere un oppositore: in tali condizioni e senza sottilizzare troppo furono costretti a scegliere l'Iraq a guida sunnita, l'unico tra gli stati arabi che aveva la forza per contrastare l'Iraq ed i confini in comune. Certo gli USA con il senno di poi fecero male i loro conti. I fatti però diedero nell'immediato i loro frutti e l'espansionismo iraniano fu bloccato.

Con questo voglio dire che conosciamo tutti perfettamente l'orrore di una guerra: nessun civile è mai stato al sicuro durante un conflitto, armi intelligenti o no, così come non lo furono nemmeno i civili Tutsi ed Utu che si combatterono a colpi di machete.
Ma conosciamo anche cos'era l'Unione Sovietica di allora e cosa fosse l'integralismo islamico che predicava, esattamente come oggi, l'aggressione all'occidente, con l'aggravante che nello stesso periodo storico occorreva fronteggiare a suon di milioni di dollari anche l'aggressività dell'URSS.
La situazione era critica e non si poteva andare troppo per il sottile.
Se Fini vuole che ci raccontiamo delle storie allora posso inventarmene una con gli arcobaleni, se invece vuole muoversi sul terreno della storia sarà bene che scenda dall'eremo.

Il problema sta nel fatto che in ogni periodo storico si DEVE rispondere alle minacce in un modo o nell'altro, specialmente quando esse vengono portate da un popoli indottrinati guidati da dittatori criminali refrattari a qualunque dialogo.

Quanto alle forze armate iraniane il Fini afferma che esse erano "ridicole": sta di fatto che numericamente il rapporto di forze tra Iraq ed Iran fu di 4.500 tanks (tutti di produzione sovietica e non americana...) contro 1.000, di 4.000 blindati contro i 1.000 iraniani e di 7.330 pezzi d'artiglieria contro i 3.000 in forza all'Iran. Per cui, effettivamente la capacità militare dell'Iran era ad inizio guerra più ridotta di quella dell'Iraq ma il problema per Saddam risiedeva nella catena di comando inefficace e nell'incapacità degli alti comandi di condurre operazioni belliche degne di questo nome.
Anche sugli argomenti che riguardano l'analisi militare Fini mostra gravi lacune: un esercito più ridotto rispetto ad un altro non può mai definirsi "ridicolo" perché può essere armato con armi più moderne, essere attestato su posizioni vantaggiose o possedere vertici militari capaci ed intelligenti. Prova ne sia che il "ridicolo" esercito iraniano stava per vincere la guerra contro L'Iraq.

Ed ora veniamo alle dolenti note della guerra di Bosnia: Fini diviene paladino dei musulmani decimati dalle guerre solo quando a combatterli sono gli statunitensi. Leggo un'incredibile frase che sintetizzo: "l'aggressione, senza motivo alcuno della Jugoslavia e della civile e colta Belgrado". Senza motivo alcuno ? Spero si tratti di errori tipografici: il genocidio attuato dalla popolazione Serba nei confronti dei bosniaci e dei kosovari non fu forse un motivo valido ? Quella della Jugoslavia, semmai, fu la campagna militare più doverosa e ben motivata che finora sia stata condotta. Ma famiglie distrutte, violenze di inaudita efferatezza e pulizie etiniche di cui tutti abbiamo avuto testimonianza dai reportages non hanno smosso di un millimetro le certezze di Fini, a meno che egli non consideri un montatura anche questi fatti ampiamente documentati. Faccio presente che "nella colta Belgrado" la popolazione appoggiava l'operato di Milosevic (tutt'ora sotto processo all'AIA per crimini di guerra), di Mladic e dei vari boia serbi, così come nella "colta Berlino" ebbe origine il nazismo acclamato dalla folla e nella "colta Mosca" il comunismo. Purtroppo il fatto di essere colti nulla ha a che fare con l'obbiettività o la moderazione, perché spesso la presunzione di superiorità cozza con i diritti degli innocenti di poterla pensare in pacifico dissenso.

Fini continua il suo articolo:

"Dopo l'11 settembre gli americani (e dai ! n.d.r.) si sono comportati come un gigantesco cowboy che colpito e atterrato da un sasso, senza aver potuto vedere la mano che l'ha scagliato, rialzandosi si mette a sparare all'impazzata. Prima hanno aggredito l'Afghanistan, dove per prendere un uomo che non hanno poi preso, hanno spianato un Paese a suon di "bombe blu" e all'uranio impoverito (qui i morti non contano perché gli afgani, popolo tradizionale, non contano), l'hanno invaso, l'hanno occupato e ora vi sostengono il governo fantoccio di Hamid Karzai. Poi l'Iraq. Se con l'occupazione dell'Iraq si voleva combattere il terrorismo, beh, si è ottenuto il risultato opposto. Saddam Husseinera era quello che era ma come ogni potere forte non tollerava sul proprio territorio altri poteri forti, alla Bin Laden (vedi fascismo e mafia). E infatti non c'era un solo iracheno nei commandos che hanno abbattuto le Torri Gemelle e attaccato il Pentagono. Adesso l'Iraq è una sorta di "terra di nessuno" dove accorrono i terroristi internazionali che vi trovano spazi, basi, logistica, quattrini, armi, complicità e bersagli immobili e facili".

Altra nota tecnica: "qui i morti non contano perché gli afghani, popolo tradizionale, non contano" è frase autoreferenziata. Sarebbe come dire che si ha l'influenza perché si ha l'influenza. Bravo Fini, bella spiegazione. In secondo luogo egli spiega che gli afghani non sono un popolo "di grandi tradizioni" ma che sono tradizionali. Con una risata ed una bella penna blu occorrerebbe segnalare l'errore grave e spiegare a Fini che tutti i popoli sono "tradizionali", anche gli "americani" che agli tanto odia.

Tornando al senso dell'articolo, il via libera all'aggressione dell'Afghanistan da parte degli statunitensi è stato deciso perfino dall'ONU durante uno dei miracoli politici che ogni tanto e provvisoriamente riempiono di materia grigia le zucche vuote di Hannan e dei suoi tremebondi collaboratori. Quindi definire Karzai un fantoccio direi che è non solo fuori luogo ma anche offensivo. Karzai nella sua posizione rischia la vita, non come Fini, che se ne sta comodamente davanti al una tastiera del suo computer per scrivere i romanzi di fantascienza da pubblicare sui quotidiani. Ma c'é di più: o Fini non è a conoscenza delle risoluzioni ONU e del fatto che Karzai sia stato liberamente eletto con il 55,4% dei voti con i controllo degli ispettori internazionali (vedi Link) oppure c'é da sospettare che egli faccia più semplicemente lo gnorri: in entrambi i casi per Fini è una debacle giornalistica, nel primo caso perché egli scriverebbe senza le informazioni necessarie (per chi divulga informazione questo è grave quanto per un ingegnere non saper fare un'addizione) e nel secondo perché sarebbe in malafede (ed in questo caso ti saluto obbiettività).

Comunque, per quanto riguarda l'Afghanistan, gli Stati Uniti d'America eliminando i talebani hanno abbattuto un regime violento, vecchio retaggio della guerra fredda che prima o poi andava eliminato, come dovrebbero essere immediatamente eliminati tutti i regimi repressivi o dispotici insieme alle loro le dottrine, religioni e ideologie illiberali. Ricordo un filmato di una donna accusata di adulterio a cui si sparava alla tempia nello stadio di calcio ed un altro che mi procurò conati di vomito in cui un parente stretto fu obbligato sotto la minaccia delle armi a decapitare un uomo lasciandogli però le corde vocali intatte, in maniera che si sentissero le urla. Questo era l'Afghanistan dei talebani, un regime in cui le donne erano bestie e che DOVEVA essere abbattuto, con o senza 11 settembre. La guerra a questi sanguinari era un obbligo morale ed anzi, se una critica si dovesse proprio muovere nei confronti degli Stati Uniti, sarebbe quella di non averli eliminati subito dopo la caduta del muro.

"Per trovare un uomo hanno raso al suolo un paese", dice Fini: ebbene, se egli aprisse un libro di storia capirebbe che quasi la totalità delle guerre è responsabilità di un uomo solo, sia che esso sia l'aggressore o vittima: Hitler era un uomo. Stalin era un uomo. Ho Chi Mihn era un uomo. Saddam è un uomo. Cesare era un uomo. Francesco Ferdinando era un uomo. Non parliamo poi dei re, dei papi, dei comandanti o reggenti del passato. Erano tutti uomini, ed erano soli. Perfino nella mitologia Paride ha dato vita al suo bravo casìno.

"Saddam era quel che era, però con lui al potere l'Iraq era aveva un solo potere forte", scrive ingenuamente Fini. Già, un potere forte che finanziava i terroristi, che ricostruiva eserciti, che aggrediva stati limitrofi, che era diventato il quarto esercito più potente del mondo e che anelava a costruire la bomba all'uranio. Un potere che scannava letteralmente nelle camere di tortura gli iracheni colpevoli solo di essere in odore di tradimento ed a capo di questo potere vi era un uomo che metteva a morte cognati e generi solo per il fatto che a lui sembrasse di essere stato guardato in maniera un pò storta. Un potere che disponeva di armi chimiche (e non mi venga a dire Fini che erano americane, visto che tra le sue file il regime annoverava personaggi come il Dr.Germe e Mrs.Antrace), che si prendeva gioco dell'Onu e che da un momento all'altro avrebbe potuto dar vita ad una guerra. Ma secondo Fini un potere del genere ha un peso trascurabile. Beato lui che vive nel suo mondo.

Giungiamo così alla fine dell'articolo di Fini, il quale dopo aver fatto soffrire i nostri neuroni chiude poetando:

"Ora nel mirino, com'é noto, c'é l'Iran. Ma gli americani non hanno riflettuto anche su un altro e più importante fattore. Un modello di sviluppo occidentale, di cui gli Stati Uniti sono la punta di lancia, basato sulle crescite esponenziali è destinato a implodere su se stesso, come certi grattacieli minati ad arte (questo è un sospetto a livello subliminale, n.d.r.), una volta occupato tutto l'occupabile, perché non potrà più espandersi e crescere. L'11 settembre era invece un'occasione per frenare. Invece hanno accelerato ancora. Non sembrano rendersi conto che il raggiungimento della loro meta segnerà anche la loro fine e la fine dell'Occidente. In fondo il radicalismo islamico, opponendosi, ci sta facendo, senza saperlo e senza volerlo, un favore".

Già. Grazie islamici di averci fatto capire con le vostre bombe che dobbiamo "fermarci". Poi Fini ci dirà in cosa dovremmo fermarci (la scienza ? L'economia ? La letteratura ? La religione ? I costumi ? Tutti fermi ! E gli arabi invece tutti a correre !). Grazie Bin Laden di aver fatto tremila morti, di aver aver avuto la pensata delle bombe a Madrid ed a Londra, di averci tolto il dubbio di dove andare in vacanza radendo al suolo Sharm-el-Sheik. Grazie per averci tagliato la gola, non avremo più placche sulle tonsille e grazie per averci insegnato come si trattano le donne, così nessuno si lamenterà più della moglie che gli mette le corna. Grazie per aver attaccato il Papa, reo di aver spiegato la storia e di aver detto che nessuna religione deve sopraffare la libertà dell'uomo.

Ed infine un grazie all'Iran per essersi preso la briga di costruire l'atomica. A quest'ultimo chiediamo un solo favore: di sganciare la prima su certi ottusi pseudogiornalisti.

15 settembre, 2006

Addio Oriana e grazie !



Ciao Oriana,

che il tuo coraggio sia infuso in ogni cittadino amante della libertà,
che la tua capacità analitica possa essere di esempio a noi tutti,
che l'emarginazione a cui talvolta siamo relegati per via del nostro amore per la verità ci renda onore,
che il sostegno alla civiltà occidentale abbracci finalmente i popoli che dell'occidente fanno parte.

Poche lacrime per te, guerriera, che ci hai insegnato come si combatte l'ignoranza e l'ideologìa: useremo invece il tempo dello struggimento per combattere al tuo posto, come tu avresti voluto.

Perché in questo mondo c'é ancora chi raccoglie il fucile del commilitone caduto per continuare ad onorare ciò in cui egli credeva.

Addio Oriana e grazie da parte di tutti noi.