Libere Risonanze: aprile 2007

27 aprile, 2007

Il pasticcio del cuneo fiscale

In un anno di infame ed incompetente gestione della Res Publica da parte di questo assurdo governo sta prendendo corpo un gravissimo problema derivato dalla madre di tutte le promesse che in campagna elettorale Prodi sbandierò allo scopo di cercare disperatamente consensi: il problema del cuneo fiscale.

Il cuneo fiscale è, semplificando, il gap (la differenza) esistente tra il costo lordo di un lavoratore (busta paga + contributi, tasse etc..) ed il netto in busta paga secondo un rapporto molto simile al peso lordo e peso netto, di cui la tara rappresenta appunto il cuneo.

Prodi durante la campagna elettorale affermò che avrebbe ridotto il cuneo fiscale alle industrie (quindi la tara, ovvero il prelievo fiscale sul lordo) in modo da consentire la suddivisione delle risorse liberate tra aziende e lavoratori stessi, tagliando di conseguenza le spese contributive per le aziende ed aumentando il netto in tasca all'operaio.

Ma proprio da quest'affermazione nasce il problema: Prodi fece una promessa che agli occhi dell'Europa risulta illegale.

L'Unione Europea, infatti, prevede che leggi specifiche in fatto di economia non possano essere settoriali, a vantaggio cioé solo di alcuni soggetti economici escludendone altri aventi lo stesso status. La promessa di tagliare il cuneo solo "alle industrie" è pertanto di per sé illegale perché sarebbe come promettere agevolazioni fiscali a coloro che sono più alti di 1,75 m. escludendo tutti gli altri. Non si vede come mai, infatti, queste agevolazioni non possano essere estese anche ad altri soggetti quali le banche, le assicurazioni, i servizi e via dicendo.

Quando entrammo in Europa dovemmo abbandonare la consuetudine di intervenire con aiuti di stato, ovvero con denaro pubblico da iniettare in aziende già decotte per impedirne il fallimento. L'Europa, giustamente, eliminò questa pratica diffusa bollandola come concorrenza sleale perché da una parte si poteva favorire il protezionismo aiutando le aziende nazionali ma soprattutto perché si impegnavano soldi pubblici per rimettere in carreggiata aziende private (od a partecipazione statale) ai danni di quelle imprese che invece avevano conseguito con le loro forze traguardi ottimali e che avevano vinto la difficile sfida della concorrenza: insomma, L'Europa provvide ad eliminare la norma che consentiva ad un pugile al tappeto di essere aiutato dall'arbitro con un'iniezione di adrenalina a tornare in piedi ed a combattere nuovamente.

Acquisito questo categorico diniego da parte dell'UE nel permettere interventi statali, possiamo quindi a ragione credere che la stessa Europa consideri il taglio del cuneo alla stregua di un trattamento diverso tra azienda ed azienda, il che potrebbe tramutarsi tra breve in un pesantissimo problema; l'Unione vieta infatti di promulgare leggi ad hoc per un gruppo ristretto di "aziende" (in questo caso la sola industria) poiché considererebbe "aziende" anche le assicurazioni, il terziario, i servizi etc...

A questo punto (ed è molto probabile) se Bruxelles deciderà di ritenere a ragione questa norma illegale si prospetterebbero per l'Italia due scenari possibili: il primo è che il governo debba estendere il taglio del cuneo ad una folla immensa di soggetti fiscali con relativi mancati introiti per decine e decine di miliardi di euro. In tal caso il deficit dello stato già in collasso riceverebbe una mazzata tremenda a causa di questa nuova pesantissima scure dovuta all'incompetenza ed alla faciloneria delle sinistre. Questo potrebbe far saltare tutta la programmazione economica della finanziaria oppure, come al solito, potrebbe richiedere un ulteriore aumento delle tasse con l'ironico e paradossale presupposto che per tagliare il cuneo fiscale lo stato dovrebbe aumentare le tasse ai cittadini. Una bella presa in giro, non c'é che dire !

Il secondo scenario che si prospetta (e che è il più probabile) è ancor più disastroso: dovendo mantenere inalterato il bonus di taglio stimato sui 7 miliardi di euro per motivi di bilancio, il governo sarebbe costretto a considerare "aziende" anche gli altri soggetti fiscali ed a "spalmare" il cuneo, polverizzandolo invece di focalizzarlo solo sull'industria: il problema è che, come si può facilmente evincere, le industrie ne trarrebbero un giovamento ben più misero e così anche i lavoratori che ne fanno parte.

Tale effetto, come una sorta di domino, darebbe poi vita ad altri problematiche molto serie: la prima si riferisce agli accordi in materia già firmati e sottoscritti tra industria e governo. Il ricalcolo dei tagli del cuneo sarebbe equivalente al considerare gli impegni sottoscritti da quest'ultimo come carta straccia. C'é da chiedersi come reagiranno aziende e lavoratori, ovvero i soggetti più danneggiati, che si vedrebbero rimangiati in toto gli impegni presi dalle sinistre.

Inoltre, un secondo terremoto provocato del governo è dovuto al fatto che molte industrie contando su questo taglio promesso hanno già contratto mutui o messo in cantiere opere di ristrutturazione ed ammodernamento. Come si può pensare ora di rivolgersi loro con un frivolo "abbiamo scherzato"?

Il terzo grave danno è forse quello più esiziale, ovvero la perdita di fiducia per gli investitori nei confronti dell'Italia come terreno d'investimento. Un governo che promette senza sapere se potrà mantenere porta al collasso l'economia ed allontana spaventati sia gli stranieri che potrebbero aver voglia di aprire o consolidare aziende sul nostro territorio, sia gli industriali italiani che a ragione sarebbero indotti a trasferirsi all'estero od in Cina, con gravissimo danno per gli operai italiani che si troverebbero senza alcun vantaggio e senza lavoro.

Detto ciò, Signori e Signore, ecco a Voi la sinistra che fa gli interessi del lavoratore...

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24 aprile, 2007

Così arringò Zar-Eltsin

Il giorno 23 Aprile 2007 si è spento Boris Eltsin. Questo personaggio ambiguo segnò nel bene e nel male il passaggio dall'Unione Sovietica alla CSI ed introdusse di colpo il seme della democrazia (pur se chiaramente oligarchica) in Russia.

Difficile fu il compito di quest'uomo i cui contorni politici non sempre appaiono chiari e condivisibili. La Russia, dopo lunghi decenni di comunismo ebbe l'occasione improvvisa di cambiare percorso.

Il cammino della Russia verso la democrazia infatti iniziò con Gorbaciov e la sua "perestroika". Tale novità, dopo lunghi anni di oscurantismo comunista ebbe a dir poco un effetto esplosivo: Gorbaciov infatti intendeva dar vita ad un nuovo corso russo in maniera lenta e progressiva. Questo a mio parere sarebbe stato il miglior modo di traghettare la Russia verso l'Europa, abbandonando il comunismo con gradualità per far posto all'economia di mercato e soprattutto dando tempo allo stato per riorganizzarsi e per plasmarsi sulla morfologìa dell'assetto politico era imminente a prendere il sopravvento.
Purtroppo la Russia non potè permettersi questo lusso, perché larghe parti dell'establishment appoggiate da un esercito che vedeva scemare i propri privilegi tentò un colpo di stato confinando Gorbaciov nella sua dacia in Crimea.
Da questa vicenda iniziò la rapidissima scalata di Eltsin al potere: mentre l'esercito russo presidiava ancora piazze e strade, Zar Boris salì su un carro armato dell'esercito lealista per arringare alla folla, dando prova di enorme coraggio e impressionando il mondo con le immagini che più di tutte sono rappresentative della sua carriera. Iniziò così uno scontro frontale tra le due fazioni dell'esercito, quella capeggiata da Eltsin (sostenuta anche dalla maggioranza della popolazione) e quella dei militari che diedero vita al tenativo di putsch contro il potere costituito. Dopo alcuni giorni di caos l'esercito ribelle capitolò: al suo rientro Gorbaciov venne accusato di una gestione del potere lassista ed incompetente dando il fianco ad Eltsin il quale lo espose al ludibrio generale in un memorabile faccia a faccia. Gorbaciov, dopo questo smacco non poté far altro che rassegnare le sue dimissioni. Dopo questa vicenda ed avendo ormai in mano le redini della Russia, Zar Boris cercò di traghettare frettolosamente il paese verso l'economia di mercato, avendo sentore di quello che di lì a pochi anni sarebbe capitato: un secondo tentativo di colpo di stato provocato da settori dell'esercito sempre più scontenti delle proprie condizioni. Infatti, cercando di agganciare la Russia ad un modello economico più flessibile e simile a quello occidentale, Corvo Bianco fu costretto a tagliare le spese militari, riconvertire le industrie belliche e privilegiare la nuova borghesia ai danni della casta militare. Questa volta però Eltsin non si fece cogliere impreparato ed il suo controllo sull'esercito fu più solido, tanto che durante il secondo tentativo di presa del potere la ribellione poté contare solo su un esiguo numero di truppe che peraltro furono subito isolate mentre i loro capi, asserragliatisi alla Casa Bianca (sede del parlamento russo) furono presi a cannonate per esplicito ordine del Presidente russo.

Questo avvenimento però segnò profondamente la neonata democrazia in Russia e di conseguenza, al fine di assicurare alla Russia una maggiore solidità nei confronti di altri tentativi di presa di potere, il processo verso le riforme targato Eltsin si fece ancora più impellente e squilibrato; fu proprio per questo motivo che la nuova borghesia russa, quella di coloro che diventarono improvvisamente grandi capitalisti grazie alle risorse naturali del loro paese non impattò contro alcuna regolamentazione sociale, essendo lo stato ancora giovane e farraginoso nonché inadatto a contrapporre un qualunque controllo sui nuovi potentati. Ben presto quindi, molti tra i grandi capitalisti russi virarono le loro attività verso un assetto criminoso dando vita ad una delle più potenti mafie del mondo. Per quanto concerne Eltsin, in questo contesto egli sembrò addirittura favorire la proliferazione di tali mafie; il motivo di questa tolleranza fu in realtà il compimento della strategìa "del contropotere", ovvero il contrapporre all'esercito un potere forte e prospero, sostitutivo dell'ancora troppo fragile stato democratico; un potere, cioé, che traesse vantaggio dal nuovo corso russo e che quindi scoraggiasse qualunque altro tentativo di golpe da parte dei militari o dei parlamentari della Duma. Il fatto di permettere insomma la corruzione e coinvolgere molti esponenti politici chiave (oltre ovviamente a se stesso) nella spartizione dei proventi di attività spesso assai poco lecite, garantiva ad Eltsin la definitiva consacrazione della Russia a paese postcomunista ed allontanava di conseguenza il pericolo di nuovi revanscismi.

Questo personaggio tanto controverso ebbe pertanto il merito di far compiere al suo paese l'unico possibile salto verso il capitalismo e la democrazia, pur se di democrazia tra virgolette sempre si trattava. Questo salto però costrinse Eltsin ad operare una scelta che la Russia pagò negli anni a venire perché a fronte dell'introduzione delle libertà civili, della pace con l'occidente e delle partnership con Europa e Stati Uniti, la Russia fu servita su un piatto d'argento alle sue stesse mafie ed ad oscuri poteri che tutt'ora ne tengono saldamente le redini in mano.

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23 aprile, 2007

Quando le capre si sposano coi cavoli

Lacrimucce al congresso dei DS. Lacrimucce al congresso della Margherita. Due partiti spariscono, uno ne nasce. Ricordo ancora con ilarità quando il vecchio PCI si scisse, dando origine a due partiti nuovi: Rifondazione Comunista e "La Cosa". La Cosa era ovviamente il partito che prese il nome di PDS ma che all'epoca veniva continuamente deriso e chiamato con questo nomignolo imbarazzante ed irrispettoso. Un partito senza arte né parte, stretto nella morsa dei Comunisti con la C maiuscola e dei Socialisti, ovvero "comunisti più ammorbiditi". Il PDS cattolico non era e quindi non poteva fregiarsi di questa distinzione. Se si sbilanciava a sinistra diventava un doppione di Rifondazione, se pendeva al centro diventava la brutta copia del PSI. Solo l'inchiesta Mani Pulite con la conseguente scomparsa dei socialisti dalla scena politica permise al PDS di assumere un'identità, favorendo l'eredità di quella collocazione politica che Craxi lasciò vacante. Così il PDS se la cavò per il rotto della cuffia: un partito certamente non cattolico, tormentato da mille contraddizioni, ondivago tra il revanscismo del "glorioso" passato e la voglia di accaparrarsi il primato tra le nuove forze di sinistra che nel paese iniziavano ad agglutinarsi. Questa situazione perdurò finché la sinistra non riuscì a trovare nuovamente un assetto precario ma stabile. Il PDS cambiò ancora nome, diventò DS secondo la ormai consueta abitudine della sinistra di prediligere un cambio di involucro anziché migliorare nella sostanza: ne uscì un partito che occupava lo spazio politico dell'emiciclo a partire dalle sinistre massimaliste fino ai centristi. In questa collocazione di spazi politici ovviamente la Margherita e l'UDEUR non entrano perché essendo partiti di ispirazione cattolica essi possiedono un imprimatur del tutto diverso ed atipico nei confronti degli spazi politici occupati dai DS. L'avvento del maggioritario, poi, ci ha condannato a sopportare un festival di botanica dir poco incredibile, frutto degli artifizi di coalizione per "rimanere uguali cambiando", il che è di per se stesso un controsenso. Quercie, ulivi, garofani, rose nei pugni ed affini hanno contraddistinto il tormentato corso di una sinistra che pur di accaparrarsi voti si divideva come per mitosi, rimpicciolendo od esaltando la falce e martello a seconda del momento politico o peggio, delle convenienze di facciata.

Il nuovo capitolo della sinistra si chiama "Partito Democratico" o PD, acronimo del tutto inesatto perché le sinistre di democratico non possiedono proprio nulla. L'ennesimo artifizio per poter sopravvivere alla batosta elettorale prossima ventura rischia però di diventare un terribile boomerang e peggiorare la situazione già compromessa da questo governo, perché mentre fino ad oggi ogni partito in caso di emergenza poteva asserragliarsi nei propri confini identitari "conservando" i propri seguaci più fedeli con l'avvento del PD questa operazione non sarà più possibile proprio per il fatto che l'identità del cattolico è spessissimo incompatibile con quella dell'elettore di sinistra. E, se vogliamo proprio essere pignoli, occorre far notare che lo spazio politico presidiato da coloro che si chiamano cattocomunisti è già occupato dall'UDEUR di Mastella. Nasce quindi nel 2007 la "Cosa 2", un partito che come fu nel '94 non trova spazi politici in quanto al centro confina con l'UDC ed a sinistra continua a frangersi contro i massimalisti: oltretutto, rispetto al PDS del '91 contiene in più un pericoloso virus, ovvero il dissenso interno strisciante tra le due fazioni del suo stesso elettorato diviso in guelfi e ghibellini e che non tarderà ad esplodere in tutta la sua dirompenza. L'ardita operazione di voler forzare alla convivenza i cattolici (molto spesso avversi alle scelte operate dalle sinistre laiche) ed i diessini (che pure al loro interno possedevano già il cosiddetto "correntone") diviene quindi una sorta di mescolanza tra capre e cavoli, tanto che ancor prima della sua nascita gli esponenti del PD hanno fatto fuggire terrorizzato Mussi ed hanno spinto Parisi a dire che questa nuova formazione politica "nasce già con il piede sbagliato". Inoltre, come ho spesso fatto notare anche in precedenti post, vi è un problema statistico: quasi mai l'unione di due o più partiti ha premiato la loro associazione. Gli ultimi partiti unitisi in un unico soggetto sono stati lo SDI ed i Radicali: ebbene, la Rosa nel Pugno alle ultime elezioni ha ottenuto percentuali da Biafra, tanto che Pannella non è ascoltato nemmeno dal suo specchio quando alla mattina si sveglia e prova i suoi comizi.

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20 aprile, 2007

Abolire il limbo? Alleluja !

Incredibile e modernissima innovazione della Chiesa Cattolica nel 2007!
Il Limbo non sarà più luogo di "quarantena eterna" per i bimbi non battezzati ma, udite, udite, le porte del paradiso si potranno aprire anche per loro. Amen!

Suscita davvero un sorriso questo "grande e coraggioso" passo in avanti della Chiesa Cattolica che si è svegliata dopo duemila-e-sette anni dopo la nascita di Cristo per dichiarare urbi et orbi un'ovvietà simile. E ci voleva Ratzinger per questo: nemmeno il "santissimo" Giovanni Paolo II, in ventisette (27 !!!) anni di pontificato si accorse mai di quanto fosse ingiusto questo spaventoso ed impietoso ostracismo nei confronti di bimbi innocenti.

Comunque meglio tardissimo che mai: per rettificare le proprie convinzioni i teologi del vacuum assoluto hanno dovuto studiarci su per ben tre lunghi anni. Poi, bontà loro, l'oracolo positivo.

Sicuri che il Padreterno ottempererà al new deal ecclesiastico liberando il limbo e facendoci un parcheggio, ora siamo tranquilli che nessun bimbo dovrà più subire l'onta della cacciata al di fuori del Paradiso per la sola colpa di non essere stato battezzato.

Da parte mia, invece, piuttosto che ascoltare questi soloni del diritto celeste preferisco ricordare le parole di Cristo, un Signore che duemila anni fa aveva già capito tutto in un attimo: Quando un centurione gli chiese di guarire il suo servo, Gesù rispose: "In verità vi dico, presso nessuno in Israele ho trovato una fede così grande" e poi "Va, e sia fatto secondo la tua fede".

E lo disse ad un pagano ma senza pensarci su tre lunghi anni.

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