Libere Risonanze: dicembre 2009

15 dicembre, 2009

Miniature nei crani

Ancora una volta mi tocca sentire le stupidaggini dipietriste quando in parlamento egli afferma che condanna l'atto di violenza contro Berlusconi ma che il Cav. se la sarebbe cercata perché la violenza sarebbe frutto, a suo dire, dell'esasperazione economica e politica della gente che perde il lavoro e che non si sente rappresentata.

Se Di Pietro però ragionasse un pò meglio di come parla l'italiano capirebbe che ciò che sta accadendo nel paese è esattamente ciò che accade nel mondo, visto che anche noi siamo pervasi da una crisi economica che si è diffusa a livello planetario. Anzi, direi che dopo le stime dell'FMI l'Italia è il paese che meglio ha retto l'onda devastante del crollo delle economie mondiali ed è il paese che meglio e più velocemente sta uscendo dalla crisi. Ovviamente la crisi permane, vi sono famiglie in gravissime difficoltà ma come andamento generale dell'economia dopo il disastro del 2009 le cose si stanno lentamente riordinando, pur se non in fretta come tutti avremmo necessità che fosse.

Certo ci vorrà tempo, però il trend sta invertendo la tendenza e questo è un buon segnale ma Di Pietro finge di ignorarlo e tira dritto con la litanìa dell'Italia allo sfascio: forse bisognerebbe ricordare a lui ed ai suoi adepti che negli USA abbiamo assistito a scene di persone che da un giorno all'altro mettevano le loro cose negli scatoloni di cartone e portavano via tutto ciò che avevano in ufficio e che molti sono stati costretti a trasferirsi sotto i ponti, visto che là gli ammorizzatori sociali non esistono. Di Pietro dovrebbe altresì imparare che una crisi internazionale grava terribilmente su un paese esportatore come l'Italia e che proprio l'alta qualità dei suoi prodotti (e quindi il loro prezzo) in tempi di crisi penalizza le merci del belpaese in favore di merci più dozzinali e meno costose quali quelle cinesi.

Infatti ogni mancato introito si traduce interamente in un un mancato guadagno per l'erario. Pertanto in tempi di crisi lo stato improvvisamente viene a trovarsi con un buco di bilancio. Ma non è finita: quando un'azienza chiude o riduce il personale, tutto il personale licenziato va ad infoltire la numerosa schiera di chi chiede allo stato un aiuto economico. Il governo ha fatto il possibile perché ognuno conservasse un salario, anche se ridotto. Si sa che ciò non è sufficiente, ma c'é da fare i conti con l'enorme debito pubblico italiano che va tenuto sotto controllo per non lasciare troppi debiti ai posteri: pertanto anche queste voci gravano sul bilancio erariale.
Oltretutto il governo si è impegnato in materia di sgravi fiscali ed incentivi. Ebbene, forse non lo si coglie appieno, ma anche uno sgravio fiscale ed un incentivo è un mancato guadagno per l'erario.

Pertanto il governo ha fatto tutto ciò che era in suo potere per agire con equilibrio nei confronti di una situazione difficile ed intrinsecamente complessa, tenendo conto, ripeto, del debito pubblico e procedendo oculatamente per non farlo franare. Però Di Pietro con la sua consueta raffinatezza, tartaglia (il verbo non è scelto a caso) di un'Italia alla bancarotta.

Ma Di Pietro dice cretinate anche quando parla di esasperazione politica: la democrazia, mi pare di ricordare, è strutturata in modo che chi vince le elezioni governa e le opposizioni si contrappongono nell'emiciclo se ne hanno la forza, altrimenti se ne devono stare a cuccia. Tutto qui, chiaro, semplice e lampante. Di Pietro non può motivare i gesti di violenza con la scusa che il paese è all'esasperazione politica, perché il paese ha votato e come c'é chi non sopporta Berlusconi, c'é chi lo sostiene, non essendo egli per nulla esasperato. Se così non fosse un giorno sì ed uno no gli oppositori di un'area politica in nome di una fantomatica "esasperazione" dovrebbero prendere un fucile ad ammazzare il premier avversario appena eletto.

Pertanto consiglio a Di Pietro ed alla Bindi di volare bassi e di fare un bagno di umiltà, perché se essi invocano tanto le regole democratiche devono anch'essi attenervisi: se la prossima volta ne avranno la forza vinceranno le elezioni e faranno a modo loro. In caso contrario, se si sentono esasperati, possono sempre comprare una miniatura del Duomo e sbattersela in testa.

O magari utilizzare quella della Torre di Pisa per...

Etichette:

14 dicembre, 2009

Loro "democrazia", nostro sangue

Tra un pò riceveremo un volantino con un invito: "Signori e signore venite, prego! Venite in Piazza Duomo a vedere come trionfa la democrazia, potrete infatti scegliere a maggioranza tra una ghigliottina, un cappio od una bella lapidazione taliban-style". E perché non si dica che non amiamo il nostro territorio e che siamo degli ignoranti, la lapidazione verrà democraticamente eseguita per mezzo di souvenirs, c'é da scegliere tra il Duomo di Milano, la Madùnina e qualche cornice da dieci chili, copia di quelle esposte nella Pinacoteca di Brera".

L'escalation della violenza e dell'odio è arrivata alla sua ovvia foce: l'aggressione fisica.
Si badi, questo non è un punto di arrivo, ma di partenza. Infatti questo film l'avevamo già visto, il regista della puntata precedente era tal Roberto Dal Bosco che, credendosi un cineasta d'eccezione, lanciò un cavalletto contro il Presidente del Consiglio, colpendolo in pieno.

La storia si ripete. Il "turista" Massimo Tartaglia, non apprezzando la riproduzione del Duomo di Milano in suo possesso, ha pensato bene di tirarla contro Berlusconi, perché così come dicono i vicini "è tranquillissimo, solo ogni tanto gli vengono i cinque minuti". Già, chissà quanti minuti ci vogliono per caricare una pistola...

Ebbene, sembra che chi attenta all'incolumità del Presidente Berlusconi sia sempre solo un pazzo, in quanto si dà per certo che una persona assennata ma facinorosa non possa farlo. Poi si vedono le manifestazioni della sinistra con centinaia di migliaia di persone e si sente gridare "Berlusconi al rogo", "Berlusconi a marcire in galera" e "10, 100, 1000 Nassyria". Si va su Facebook e si trovano un sacco di bastardi che scrivono la stessa cosa. Si apre il giornale e si leggono le notizie che arrivano da Copenaghen, i "pacifisti" mettono a ferro e fuoco la città. Le ipotesi sono due: o sono tutti pazzi, nel qual caso la sinistra è composta da una manica di scemi (mica male questa ipotesi...), oppure quella della follìa è una scusa che non regge, tantopiù che la famiglia del delinquente era pidiessina e mica lui è andato a tirare il Duomo di Milano in faccia Franceschini o Rutelli. Ma che caso, eh?

Più che l'atto in sé, però, mi ha inviperito la reazione dei detrattori e degli oppositori politici: i fomentatori storici, ovvero i sinistri si sono detti "indignati" per ciò che è accaduto e stanno correndo ai ripari cercando si nascondersi sotto una maschera di perbenismo; ma se Berlusconi fosse stato ammazzato, nelle loro stanze da letto avrebbero brindato con champagne e trans per tutta la notte.

Il Grande Magistrato Di Pietro, dal canto suo e dall'alto della sua perfetta padronanza dell'italiano, ha balbettato che "Berlusconi se l'é cercata". La cosa mi ricorda l'atteggiamento degli stupratori quando cercano di giustificare le loro porcate affermando "sì, però lei mi provocava mettendosi la minigonna". Con magistrati simili non mi sorprende che l'Italia sia andata a rotoli per decenni. Altoché test di idoneità per l'ingresso in magistratura, qui ci vorrebbero Nietzsche, Freud, una siringa di scopolamina ed una potentissima macchina della verità!

E che dire della vergognosa performance di Casini? Proprio ieri egli ha affermato che in caso di elezioni anticipate sarebbe stato pronto ad unirsi all'Italia dei Valori ed alla sinistra per salvare la democrazia dalla monarchia assoluta. Bravo Casini, dichiarazioni registrate, peccato però già oggi egli faccia un bel dietrofront scandalizzandosi perché qualcuno odia Berlusconi. E pensare che Il Presidente del Consiglio l'aveva invitato ad unirsi al PDL, quel DEMOCRISTIANO!!!.

Ed infine ma non per ultimo, ecco il popolo della sinistra che oggi fintamente ed ipocritamente difende Berlusconi tentando di irretire il popolo italiano con un buonismo di facciata ma essendosi esibito in gare di intolleranza proprio il giorno prima, vomitando insulti sugli incolpevoli Moratti, Formigoni ma soprattutto sui famigliari delle vittime di Piazza Fontana.

No, cari signori, non ci può essere alcun dialogo con i farabutti, con coloro che riconoscono la democrazia solo quando essa prevede loro al governo. L'unica soluzione per questa gente è la galera.
E per i fomentatori, il castigo di vedersi puniti dagli elettori nonché la cacciata nelle riserve indiane dell'opposizione.

Etichette:

09 dicembre, 2009

Ristorante Copenaghen

Eccoci ancora una volta alla stucchevole parodia di quello che dovrebbe essere un summit e che invece come al solito finirà in una bella cena in cui non mancheranno tartine al caviale con champagne come spuntino ed aragosta in salsa rosa a cena, così i rappresentanti delle Nazioni Unite potranno farsi ricche crapulate a spese del contribuente mondiale. Come al solito, aggiungo.

Dopo almeno una mezza dozzina di conferenze in cui si è deciso di non decidere, sembrava che l'imbuto convergesse nella conferenza di Copenaghen grazie alla quale tutto doveva risolversi.
Abbiamo avuto un Obama perentorio col suo "Yes we can", la Cina che prometteva un sostanziale abbattimento delle emissioni (e degli oppositori politici), gli europei la cui unica occupazione è come al solito di "magnar" tartine visto che non contano un piffero, l'India che "arriva con proposte concrete". Chiudono la sfilata i paesi del terzo mondo con i loro rappresentanti leopardati e vestiti nei tradizionali indumenti locali (forse bisognerebbe spiegar loro che sono in Danimarca e non nel Togo) che per un pò di giorni stringono mani e si sentono importanti anche se contano come il due di coppe quando la briscola è denari e nessuno li - scusate il termine - caga nemmeno di striscio.

Una volta arrivati al tavolone delle conferenze e dopo il primo giorno di tartine e caviale, di cene faraoniche e di aragoste gastrosostenibili si raggiunge un "grande ed importante traguardo": gli Stati Uniti ammettono che le emissioni industriali sono nocive, come se uno si tirasse una picconata sul piede, ci mettesse quindici anni a capire che fa male e poi dicesse "Ahi!". Un giorno perso e milionate di euro spesi per annunciare un'ovvietà del genere. Complimenti.

Dopo il primo giorno in cui si è raggiunto questo importante traguardo, la parola d'ordine diventa "trattare", quindi inizia il solito straziante balletto in cui "si negozia", il che equivale a dire che ci si tira le seggiole.

Gli USA annunciano che sono pronti ad operare tagli alle emissioni se anche la Cina li seguirà. La Cina dice no, perché dobbiamo essere noi quelli penalizzati visto che voi negli anni vi siete fatti le budelle d'oro a spese dell'Artide e propone tagli meno sostanziosi per sé ma più onerosi per gli Stati Uniti. Ovviamente gli States non ci stanno: al momento siete voi ad inquinare e siete in un miliardo e trecento milioni, basta che ogni cinese emetta una flatulenza tre volte a giorno ed addio ozono. E gli orsi bianchi che muoiono per colpa dei cinesi non li aiuta nessuno, se non una fabbrica di mentine, quindi in riga, compagni. L'Europa ascolta e continua a mangiar tartine, basta che non taglino quelle ed il vecchio continente è a posto. L'India dice che va bene e che anch'essa è pronta a tagliare ma non glie ne frega niente perché tanto nessuno ha la capacità di andare a vedere in un territorio così vasto ed impervio cosa le fabbriche sversino nei fiumi. Alla fine il cerino rimarrà nelle mani dei paesi sottosviluppati, i quali dovranno tagliare le emissioni che non hanno, perché l'unica fabbrica che possiedono è la popolazione femminile che continua a figliare come una catena di montaggio. Poco male, tanto ai rappresentanti dei paesi sottosviluppati basta la classica foto di gruppo piena di sorrisi soddisfatti di fianco al potente di turno per darsi delle arie una volta a casa, come quei personaggi che pur di apparire si collocano dietro ai giornalisti che raccontano di una strage e fanno ciao con la manina.

Ebbene, questo atteggiamento diventa ancora più comico quando ci si impone di raggiungere dei traguardi assurdi ed impossibili, tipo quello di ridurre dell'80% le emissioni nocive entro il 2050. La strategìa è collaudata: se le nazioni procedessero a piccoli passi e si ponessero dei traguardi umanamente raggiungibili vi sarebbero paesi che rientrerebbero nella fascia dei virtuosi ma altri che non ottempererebbero e che sarebbero messi giustamente alla berlina. Così facendo, invece, nessun paese del mondo potrà mai ottenere tali risultati in così breve tempo ed allora si farà come per le tifoserie del calcio, l'Inter viene buttata fuori dalla Champions ma anche voi juventini o milanisti non siete riusciti a passare pertanto senti da che pulpito viene la predica, state zitti e pensate ai problemi vostri.

In conseguenza di ciò ancora una volta nessun risultato concreto verrà deciso, ci si darà appuntamento in un'altra città per continuare la farsa e paradossalmente gli unici a portare a casa risultati tangibili saranno i paesi del terzo mondo, che metteranno nella valigia una foto ricordo da incorniciare e qualche cartoccio di avanzi della cena della sera prima.

Etichette:

03 dicembre, 2009

Perché ha ragione il Cav.

Quando si preparano le elezioni, per i partiti che si alleano in una coalizione (ma anche per quelli che partecipano da soli) è consuetudine stilare un programma.

Tale programma è il kernel della coalizione stessa e di ciò che essa intende fare. Se un programma viene scritto, approvato da tutti e presentato agli elettori, i suoi propositi diventano pertanto vincolanti, perché proprio su di essi l'elettorato si rifà per poter concedere il proprio voto.

Se una coalizione non si trova d'accordo su alcuni punti è buona norma evitarli e non inserirli nel programma: in genere infatti, un programma si basa su accordi largamente condivisi, tralasciando i punti che potrebbero scardinare tutto l'apparato di governo. Così, visto ad esempio il problema delle coppie di fatto e considerato che entrambi gli schieramenti in Italia annoverano tra le loro file un buon numero di cattolici ma anche di laici e perché no, di laicisti, il problema viene accantonato ed escluso. Nei 5 anni di governo infatti subentra il tacito accordo che di quella questione non se ne parlerà, altrimenti le frizioni potrebbero rivelarsi esiziali.

Pertanto nei programmi intelligenti vi sono pochi, chiari, concreti ed unidirezionali punti. In quelli cretini come la sinistra è abituata a scrivere, vi è compreso tutto ed il contrario di tutto immerso in una cortina fumogena di propositi indefiniti e di vaghe promesse. Infatti si è visto il risultato ottenuto mediate accordi simili quando Prodi andò al governo.

Quasi sempre, però, accade che per situazioni contingenti un esecutivo debba prendere decisioni "improvvisando" in quanto gli avvenimenti non possono essere sempre prevedibili. Esempi di imprevedibilità e di eccezionalità sono la crisi economica od il terremoto. In questo caso un esecutivo non solo deve avere un programma rispettabile e rispettato ma anche la capacità di modificare parti di esso per far fronte alle emergenze. Voglio dire che se nel programma si era inserita una copertura economica per realizzare parchi giochi per i bimbi e poi si scatena un terremoto, credo che non ci siano dubbi che la priorità economica debba essere data agli sfollati.
Per far ciò, però, una coalizione deve possedere ideali nonché obbiettivi condivisi ed una visione del mondo similare, perché se uno contesta il fatto di far prima le case agli sfollati, l'altro vuole farle ed il terzo vuole le tende allora tutto va a farsi benedire ed il governo si sfascia.
Ma ripeto, questo può accadere quando gli eventi sono eccezionali ed imprevedibili sebbene anche in questo caso occorre far riferimento ad una leadership forte ed anche un pò autoritaria.

Quando invece gli eventi sono pianificabili, come lo è ad esempio un accordo sulle politiche dell'immigrazione, allora la Bibbia dev'essere il programma. Un programma deve contenere due precise indicazioni su ogni punto: la prima relativa a ciò che in concreto si intende fare. La seconda, quale implicita strada ciò che si intende fare comporta per altre scelte similari.

Ora, poiché il programma di governo che piaccia o no ha tracciato ben definiti punti votati ed approvati anche da Fini, tra i quali ad esempio il pacchetto sicurezza ed il freno all'immigrazione, sarebbe un vero e proprio golpe nei confronti degli elettori che si operasse su di esso una sorta di revisione, visto che non vi è nessuna motivazione di emergenza o di imprevedibilità per doverlo fare.

Pertanto il programma a cui anche Fini ha aderito rimane quello tracciato dalla Lega e dal PDL.

Ma vi è di più: un programma, come spiegavo, in base a ciò che si intende fare deve dare anche un'indicazione implicita di quella che è la linea guida su quell'argomento, nel senso che se ci si impegna ad approvare pacchetti sicurezza che prevedano norme per il controllo degli extracomunitari per motivi di ordine pubblico ed a voler fermare l'afflusso degli immigrati oltre che voler preservare i secolari usi, costumi e cultura di noi italiani (ciò non è meno importante), è logico supporre che diventi del tutto assurda e contrastante la concessione del voto agli immigrati.

Pertanto non è Berlusconi a sbagliare ma Fini e pure di brutto, perché vuole inserire unilateralmente nel programma leggi inesistenti e largamente aliene sia al gruppo politico a cui lui appartiene sia al suo elettorato.
Così facendo, Fini non solo attuerebbe una specie di golpe nei confronti degli impegni a cui invece si dichiarò fedele ma addirittura ne stravolgerebbe il senso, tracciando un solco che da quello originario invertirebbe la rotta ed andrebbe in direzione opposta a quella linea di pensiero votata dai suoi elettori.

Questo modo di agire è chiamato "trasformismo" e purtroppo l'Italia di trasformisti ne è piena, nella migliore clownesca tradizione petroliniana.

Etichette:

02 dicembre, 2009

Non fate come se foste a casa vostra

Come molti altri colleghi di Tocqueville, anch'io ho esultato quando ho appreso i risultati del referendum svizzero. Alcuni sinistri, però, puntualizzano che il referendum è stato ridicolo perché ha messo alla berlina i minareti.

Ebbene, forse costoro non hanno capito o fingono di non capire che il discriminante di fondo del referendum svizzero (o prossimamente quello italiano, speriamo bene) non è da imputarsi alla presenza o meno dei minareti ma al rifiuto di un'invadenza ed aggressività dilaganti. In realtà esso è servito per mandare agli islamici il segnale forte che ne abbiamo le palle piene nel sentirci stranieri a casa nostra, nel veder scorrazzare i clandestini, nel sentirci chiamare razzisti ogni volta che diciamo la verità, nel fare quello che loro vogliono mentre noi dobbiamo star zitti, nello spendere montagne di denaro per rimpatriarli quando giungono qui a centinaia di migliaia.

Siamo stufi marci di vedere che le nostre tradizioni vengono demolite per far posto a sharie, burqa ed al volere di Allah (che poi in realtà è il loro), che abbiamo i coglioni pieni di non poter fare una vignetta od un libro sull'islam perché qualcuno altrimenti ci condanna a morte, che ne abbiamo abbastanza di cristiani sgozzati mentre noi costruiamo loro le moschee in cui terroristi preparano gli attentati ed imam fanatici aizzano alla guerra santa, che ci ribelliamo nel mandare i nostri figli in scuole in cui vi sono ventotto stranieri e due italiani, nel vivere in quartieri degradati dove si spaccia e ci si accoltella, nell'assistere alla violenza sessuale nei confronti delle donne, nell'apprendere di ragazzine ammazzate e fatte a pezzi perché volevano indossare un paio di jeans o di mogli picchiate selvaggiamente perché la donna dev'essere subalterna all'uomo.

Il referendum in realtà è un grido forte e imperativo, un bel diretto tirato nello stomaco a chi mette in discussione che qui siamo a casa nostra e comandiamo noi, una sberla a certe popolazioni che pretendono di fare cazzi loro avanzando la scusa della religione ed un forte calcio negli stinchi a coloro tra i concittadini che difendono spudoratamente il perpertarsi di queste anomalie.

E' questo il significato più profondo del referendum, altroché minareti.
Il messaggio subliminale che ne scaturisce equivale ad un avvertimento:

"Benvenuti, non fate come se foste a casa vostra".

Etichette: ,

01 dicembre, 2009

Chi ha paura del lupo cattivo?

Sarebbe ora. Sarebbe davvero ora.

Fini non rappresenta più niente nel PDL: gli elettori lo odiano (me compreso), la leadership di AN lo ripudia, gli alleati della Lega s'arrabbiano, il Presidente del Consiglio ogni santo giorno viene attaccato e criticato. Eppure Berlusconi sta attuando niente di più del programma che anche Fini firmò.

Il problema della maggioranza non è l'implosione o l'esplosione, perché in realtà la maggioranza è solida e compatta, ognuno fa il suo mestiere con grandissima efficienza e vi sono rarissimi screzi tra gli alleati. Il grave problema della maggioranza ha un nome e cognome, si chiama Gianfranco Fini.
Esattamente come fu per Casini nella passata legislatura di centrodestra, oggi Fini rappresenta la mina vagante del nostro schieramento. Anzi, direi che più che una mina vagante è una vera spina nel fianco.

Per colpa di Fini i sinistri gioiscono e si fregano le mani, hanno buona sponda per poter deridere Berlusconi e l'operato dell'esecutivo, insinuandosi nelle crepe che Fini apre loro quotidianamente. Un Fini irriconoscibile dal vecchio Fini che avevamo conosciuto, quello di Fiuggi. Un Fini che allora taceva e si dichiarava alleato di ferro di Berlusconi scalando la scena politica grazie anche al supporto del PDL. Ma allora AN non aveva bisogno del PDL perché ogni elettore dei tre schieramenti di governo (AN, FORZA ITALIA e LEGA) avrebbe potuto benissimo votare uno qualunque degli altri in quanto le idee di base che costituivano l'ossatura dell'alleanza erano parecchio simili.

L'elemento di distonia che ci dovemmo trascinare era l'UDC, che con Casini, da bravo democristiano, teneva i piedi su tutte le staffe possibili.

Ma Fini era una sicurezza: abile oratore, odiato dalla sinistra che gli dava dell'ex-fascista e fedele alleato. Ma poi, raschiato via Casini dalle suole, è cambiato qualcosa: non so se sia stato a causa di una craniata al termine di un tuffo dalla sua barca o per un improvviso difetto d'ossigenazione delle bombole, Fini ha cominciato a dare i numeri.

L'ex presidente di AN si è montanto la testa ed ora scorrazza libero per le praterie del più bieco sinistrismo, caricando come un toro ogni ideale che il popolo del centrodestra considera come sacro. Ed ovviamente, come avvoltoi che si nutrono di carogne, i sinistri lo lodano e lo seguono dall'alto, sperando che nella sua pazzìa egli travolga e smembri il governo.

Purtroppo per loro, però, a capo del PDL c'é un omino che si chiama Berlusconi, uno che quando c'é da tirar fuori le palle - anche in senso non metaforico... :-) - diventa un uragano. E questo senza contare che l'elettorato del partito e quello della Lega sono così irritati da non veder l'ora di disfarsene.

Accade così che un uomo capace, intelligente e dal grande aplomb butti alle ortiche la sua carriera politica e cambi trincea come un Follini quasiasi. Beh, in fondo ognuno della sua vita fa ciò che crede.

Però direi che è ora di farla finita, che è ora di far scendere qualcuno perché siamo al capolinea. E' ora di liquidare l'uomo e pure in fretta, perché è lui l'unico problema all'interno della maggioranza e tale problema non sarà risolto finché egli non verrà cacciato con infamia. Solo così ci divertiremo, quando lo vedremo vagare nella terra di nessuno Casinista o nel terrreno lavico della sinistra.

Etichette: