Libere Risonanze: settembre 2008

29 settembre, 2008

Liberazione (dal giornale)

Ciò che sta accadendo a Liberazione, il quotidiano diretto da Sansonetti, è sintomatico di come le sinistre (ed in particolare quelle estreme) sappiano gestire l'economia.

I partiti facenti parte dell'Arcobaleno hanno i conti in rosso ed il loro giornale versa in condizioni difficili: per la verità i comunisti ed in genere i sinistri non mi paiono un granché in veste di economisti, visto che già Il Manifesto in passato fu costretto a questuare un aiuto dai lettori mentre l'Unità addirittura sospese la propria pubblicazione.

Ma tant'é. Per Liberazione vi è però un quid in più, un paradosso ulteriore: al giornale si sciopera contro il partito di Rifondazione Comunista a causa del "comportamento antisindacale" dello stesso e della "mancanza di chiarezza sul futuro del giornale e la sorte di chi ci lavora".
Il che appare una comica perché sarebbe come se si andasse dal Papa a protestare per la mancanza della messa domenicale.

Il giornale di Sansonetti quindi entra in un tunnel difficile: personalmente ho in odio le idee di Liberazione, che rappresentano quanto più opposto e distante si può trovare dal mio modo di concepire il mondo e la realtà dei fatti.

Ma io, a differenza di chi si professa comunista e fa di tutto per mandare a ramengo l'avversario politico e le sue società, tengo a precisare che la perdita di posti di lavoro IN QUALUNQUE CASO è sempre un dramma ed una tragedia per coloro i quali ne subiscono le conseguenze.

Pertanto, reprimendo una parte di me che tifa per il fallimento di Liberazione (e quindi anche delle sue idee pubblicamente espresse) devo confessare che mi spiacerebbe vedere famiglie sul lastrico per scelte sbagliate o per cattiva amministrazione.

La stesso archetipo di amministrazione, ricordiamolo, che in due anni ha portato l'Italia sull'orlo della bancarotta.

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26 settembre, 2008

Di Pietro ha incredibilmente ragione

Ma guarda un pò, mi tocca essere d'accordo con Di Pietro. Stasera dovrò disinfettarmi da questa onta trovando uno tra i miliardi di argomenti che mi dividono da lui e convincermi che no, Tonino in fondo sta a me come l'angolo nullo sta all'angolo piatto.

Eppure oggi mi sono inzaccherato: per la prima volta nella storia Tonino ha ragione. Veltroni non ha fatto un cazzo (scusate le tinte un pò accese del termine) per sbloccare il tavolo, è arrivato per ultimo, ha fatto una telefonatina ad Epifani - adesso che abbiamo incastrato il Berlusca si può procedere così si fa pure una bella figura - ed ora vuole presentarsi come il Grande Mediatore.

Che lo si biasimi o no (io lo biasimo moltissimo ma riconosco che stavolta dice la verità) non c'era Veltroni ma Di Pietro davanti all'aeroporto ad urlare a squarciagola insieme ai piloti che poveretti, tirano a campare con 150.000€ l'anno ed insieme al personale iscritto alla CGIL plaudente ed esultante per il fallimento della trattativa, evidentemente già conscio che tanto il consenso ad orologeria sarebbe arrivato.

Eppure nulla è cambiato al tavolo, nulla in più è stato concesso: vi sono state solo alcune inutili precisazioni sovrapponibili e coincidenti con quelle già previste dal piano CAI di una settimana fa.

La prova della politicizzazione della vicenda è che mentre la CGIL ha firmato per le motivazioni politiche suddette, la corporazione dei piloti che politicizzata non è sta ancora rifiutando il piano CAI perché nessun ulteriore vantaggio è stato ancora concesso.

E così abbiamo un bel piano Alitalia attorno al quale ruota il nulla: un Veltroni che gonfia con l'aria compressa il suo intervento di mediatore facendolo sembrare un trionfo. I sindacati che usano la stessa aria compressa per aver fintamente mostrato i canini "al padrone". L'unico esponente della sinistra che ha enunciato qualcosa che possieda un minimo di realismo è proprio, incredibile a dirsi, Di Pietro, il quale ha detto a chiare lettere a Walter di non pavoneggiarsi perché non lo merita.

Per il l'aria compressa aspettiamo che ritorni ancora a pensare.

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25 settembre, 2008

Il trappolone Alitalia

Era una pantomima. L'intera vicenda Alitalia era una laida pantomima inscenata dalle sinistre che hanno giocato su 20.000 posti di lavoro pur di incassare una pseudovittoria.

Mi spiego: alcuni giorni fa CAI ritira l'offerta "prendere o lasciare" perché alcuni sindacati ed i piloti non ne volevano sapere di firmare l'accordo. Berlusconi e Sacconi, che tanto si sono spesi per giungere ad una felice conclusione della vicenda, avevano già affermato che sarebbero entrate come soci di minoranza altre compagnie aeree interessate all'operazione, sempre che i sindacati avessero firmato.

Ma il PD ed i sindacati ribelli vicino alla sinistra hanno girato le spalle, mettendo fuorigioco Berlusconi e facendo rischiare il fallimento di Alitalia. Ad un osservatore poco attento questo potrebbe sembrare un duro ma normale scontro nell'ambito del mercato del lavoro, invece è una trappola ad orologeria ben congegnata.

Passano i giorni e le bocce sono ferme. Nessuno si muove. Nessuno vuole Alitalia. Il povero commissario Fantozzi mette umilianti annunci sui giornali, chi vuole Alitalia può venire a prenderla, vi preghiamo di far presto, vi regaliamo una cassa d'olio in omaggio. Berlusconi prega ed implora di firmare ma si scontra con i diktat dei sindacati, che non si sognano nemmeno di regalargli l'ennesima vittoria. La CAI rimane alla finestra.

A questo punto scatta la trappola: Veltroni si muove e manda una lettera a Berlusconi, dopo deliranti critiche assolutamente infondate Walter scrive "sono d'accordo con Lei, Alitalia va salvata ma il suo modo di procedere è stato a dir poco dilettantistico. Faccia qualcosa per portare al tavolo le parti". Berlusconi riparte di buona lena ed ottiene da CAI di tornare al tavolo per la firma (esattamente alle stesse condizioni formulate prima con qualche piccolo aggiustamento).
A questo punto i sindacati, che rifiutavano sdegnosamente l'accordo come se fosse stato partorito da Belzebù, ora esultano felici e si dicono pronti alla firma. Risultato: Veltroni è riuscito ad ottenere il nulla, ma gonfiato come un pallone.

In questo modo, dopo aver criticato in maniera indegna Berlusconi, Veltroni fa la bella figura di colui che ottiene i risultati "dialogando" e si propone come l'uomo che ha avuto il merito di sbloccare la trattativa. Già, è bastato un "Go Ahead" ai sindacati al momento giusto e tutti i problemi, tutte le eccezioni, tutti gli ostacoli sono improvvisamente svaniti. In realtà la trattativa non c'é mai stata, perché di fatto i sindacati hanno accettato ciò che era stato proposto prima, ovvero l'entrata di partners stranieri (come prima) e la base contrattuale precedente quasi invariata.

Chi dice che certi sindacati non siano le prime linee del PD nega l'incontestabile.

Questa nauseante messinscena lo dimostra.

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22 settembre, 2008

Muoia la Bad Company e tutti i filistei

Lunedì 22 Settembre: la CGIL ha affermato a chiare lettere che intende "trattare" solo con Fantozzi.
Bene, una preoccupazione in meno per il governo che dovrebbe a questo punto lasciare Alitalia al suo infausto destino: gli attori della pantomima hanno preferito affidarsi al commissario (a lui tutta la mia solidarietà, poveraccio) e quindi auguri e figli maschi.

In particolare, però, in qualità di contribuente ci terrei a precisare che a questo punto, dopo aver offerto il piano CAI sdegnosamente rifiutato, approverei senza riserve la vendita di Alitalia ad una società straniera ma, poiché il governo è stato messo fuori gioco, sono contrarissimo alla separazione tra Good Company e Bad Company.
Chi eventualmente intendesse comprare lo faccia accollandosi i debiti di Alitalia.

Da italiano avrei sopportato volentieri uno sforzo per salvare Alitalia: solo per il fatto che la nostra compagnìa di bandiera fosse stata acquistata da una società italiana (la cui imposizione fiscale sarebbe rimasta a vantaggio dello stato italiano) e registrata la sua connaturata importanza strategica per il paese, avrei soprasseduto al sacrificio di dovermi accollare una piccola parte dei debiti della Bad Company.
Insomma, qualche euro dalle tasche del contribuente si sarebbe potuto levare, a patto che Alitalia fosse restata italiana in modo che, una volta risanata, avrebbe in parte od in toto ricoperto i debiti nei confronti del contribuente grazie al prelievo fiscale.

In questa considerazione economica e non in un romantico patriottismo stava "l'italianità" decantata da Berlusconi.

Non vorrei invece che ora i sindacati si sognassero di scaricare sul contribuente i debiti della Bad Company mentre un'eventuale società straniera acquistasse la Good Company. Tale società, una volta che ipoteticamente Alitalia fosse in attivo, subirebbe l'imposizione fiscale del proprio paese (e quindi allo stato italiano non ne verrebbe un euro) mentre noi dovremmo caricarci sulle spalle le perdite. Inoltre, mentre CAI avrebbe garantito l'operatività di Alitalia, un possibile acquirente straniero potrebbe acquisirne gli slot e le rotte per poi chiudere la società. Questo significa che il contribuente italiano si caricherebbe di debiti per regalare letteralmente rotte, slot e vantaggi ad una società estera che nulla ha a che fare con l'Italia.

Questo punto è fondamentale e sarebbe bene che Sacconi lo chiarisse, visto che tra l'altro il piano di separazione fu proprio del governo (che ora è stato tagliato fuori per la diffidenza di alcuni sindacati): l'ipotesi di separazione tra Bad Company e Good Company decade con il decadere della proposta CAI. Inoltre, dal momento che il governo rappresenta i cittadini ed i sindacati non vogliono più trattare col governo, per transitività i sindacati hanno interrotto ogni rapporto con i cittadini, che non sono disposti a pagare di tasca propria per fare un favore al sindacato regalando a sconosciuti la parte buona della società ma prendendosi in carico quella debitoria.

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21 settembre, 2008

Obbligati ad acquistare

<- A fianco: l'unico modo per salvare Alitalia.

Seguo la vertenza Alitalia un pò con disgusto e con molta ironia. Devo dire anche con divertimento, se non fosse per quel personale che avrebbe accettato il piano CAI e che invece si trova costretto a mettere la sua vita nelle mani d'altri.

L'orologio sta scandendo le ore e, come i sindacati hanno ampiamente previsto, Alitalia è sommersa da continue richieste d'acquisto da parte di società straniere che non vedono l'ora di "trattare" con i piloti nostrani nonché con la CGIL. Tali società s'azzuffano per accaparrarsi la più appetibile compagnia aerea del mondo: è di poco fa la notizia che il presidente di British Airways e quello di Lufthansa si siano picchiati selvaggiamente tra loro davanti alla Magliana per potersi presentare in testa alla coda di acquirenti che si è formata di fronte al portone d'ingresso in attesa che venga aperto. Ormai i due presidenti bivaccano da ore lì davanti guardandosi in cagnesco e non c'é verso di estirparli nemmeno col lanciafiamme.

Fantozzi, poveretto, non dorme più la notte, è subissato dalle telefonate, gli tocca dire di no a tutto il mondo, quel diavolo di Berlusconi e la sua cordata di "sfruttatori di colf" ora sono stati messi fuori gioco e finalmente si apre la via del risanamento, non si contano in tutto il paese le file di persone che con i soldi in mano chiedono ai loro financial managers di acquistare i titoli della nostra compagnìa di bandiera. Uno di loro si è anche dato fuoco come un bonzo per protesta contro la sua banca, in quanto essa lo aveva sconsigliato a comprarne le azioni.

Sugli aerei già c'é chi pensa di cambiare logo. Invece della scritta Alitalia ed il marchio triangolare si potrebbe mettere la scritta "TRATTIAMO" e la faccia di Epifani: gli aeroporti non avrebbero più bisogno di dispositivi per allontanare gli stormi di uccelli.

E' finalmente ottimismo, manca solo la stella cometa e qualche mese in più, poi Spinetta arriverà con la mirra nella sede di Alitalia (che nel frattempo avrà collezionato utili da capogiro) per onorare la neonata creatura ed elemosinare una qualsiasi partecipazione nella quota azionaria della società. Anzi, fonti non ufficiali rivelano che Spinetta pur di entrare in Alitalia si accontenterebbe anche di un posto di steward.

Alcuni giorni or sono si sono diffuse in borsa voci che dicevano che il prestito statunitense di 1000 MLD USD non sarà erogato alle banche ma per acquistare Alitalia. Con questa grande operazione gli U.S.A. stanno per fare il più grande colpo finanziario della storia, dopo i successi di Parmalat, dei bond argentini e quello della Coopcostruttori.

Alitalia non volerà più con aerei, ma direttamente con i nuovi Space Shuttle e porterà i suoi clienti da Milano a N.Y. ancora prima che essi decidano dove vogliono andare (a questo problema stanno ancora lavorando).

Gli iscritti alla CGIL ed al sindacato piloti potranno godere dalla nuova gestione che li riempirà di stipendi munifici. Per i piloti sarà aggiunta una vasca idromassaggio in cabina, tre spettacoli holidays on ice giornalieri sulle ali del velivolo, li si andrà a prendere a casa con una Rolls Royce Camargue e durante il tragitto Ambrogio offrirà loro uno scatolone di Ferrero Rocher. Ovviamente quando gli aerei avranno bisogno di carburante ci si fermerà all'Agip, viaggiate coccolati, che caspita, e con i punti ottenuti nuovi magnifici regali per tutto il personale!

Inoltre quando i piloti salgono sull'aereo potremmo assistere al cambio della guardia ed ai picchetti d'onore, come si usa fare con quel mascalzone di Berlusconi che ha usurpato il potere ai delicati comunisti.

Insomma, una goduria, una lussuria di delikatessen.

Ad un'offerta così da parte di Fantozzi come si può dir di no? Si è obbligati a comprare!
Anzi, propongo di cambiare la costituzione, l'Italia è una repubblica fondata sui sindacati e sulle quote di Alitalia.

Sono matto? Solo un poco...e perché è domenica.

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19 settembre, 2008

Dopo gli applausi si inizia a piangere

Inizio questo post ringraziando alcuni sindacati, l'UGL, la CISL e la UIL per la loro disponibilità a fare sacrifici pur di salvare l'azienda Alitalia. In particolare, ascoltando la trasmissione Porta a Porta di giovedì 18 settembre ho rilevato in Bonanni un'onestà intellettuale che non conoscevo.

Inoltre vorrei manifestare la mia completa e sentita solidarietà a tutto quel volonteroso personale dell'Alitalia che purtroppo rischia il posto di lavoro per colpa di chi ama sfasciare. So benissimo che la maggioranza del personale NON APPROVA quella vergognosa sceneggiata inscenata da alcuni colleghi che applaudivano ed esultavano per la mancata ratifica del piano CAI. Se ci fosse un qualunque spiraglio di reversibilità della vicenda sarei felice che esso prendesse vita, se non altro per il rispetto che porto a questi lavoratori che stanno vivendo ore drammatiche.

Questa comunicazione mi sembra doverosa per chiarire ad alcuni lettori poco avveduti la mia posizione in merito agli ultimi fatti concernenti la vertenza Alitalia, visto che taluni evidentemente non possiedono un briciolo di intelligenza per capire.

Detto questo passiamo alle dolenti note: per tutta la trasmissione ho sentito parlare di aria fritta Fassino ed un rappresentante della CGIL. Costoro discutevano come se la cordata fosse ancora disponibile a trattare, speranzosi in una chimera, anzi, convinti che quello della CAI sia stato solo un bluff.

Fassino in particolare ha obiettato che il commissario Fantozzi dovrebbe vendere i cespiti (immobili e proprietà residue) di Alitalia per tirare a campare, in attesa che qualche compratore, mosso da pietà, si faccia avanti per l'acquisizione dell'azienda, per giunta immaginiamo a quali condizioni.

Il ministro Sacconi, però, gli ha risposto più volte che ciò è impossibile perché la vendita dei patrimoni di Alitalia è condizionata solo al fatto che esista una prospettiva di sviluppo o mantenimento della stessa nelle condizioni di patrimonio preesistenti.

In sintesi, Fantozzi è chiamato ad un duplice ruolo: cercare di salvare l'azienda ma nel contempo salvare i creditori della nostra compagnia di bandiera (e questo è prioritario rispetto agli interessi dell'azienda stessa).
Ciò si traduce nel fatto che il commissario deve, PER LEGGE, preservare il patrimonio dell'azienda a meno che non scorga una possibilità migliorativa in questo senso data da un piano industriale credibile e proponibile. In caso contrario, non essendoci alcun piano di salvataggio e/o di rilancio, Fantozzi dovrà tutelare gli interessi dei creditori preservando i cespiti di Alitalia per poter pagare i debiti.
Se Fantozzi vendesse il patrimonio di Alitalia tanto per tirare avanti e sperare, insomma, andrebbe dritto filato in galera.

Evidentemente Fassino o non ha sentito o ha fatto orecchie da mercante perché per tutta la puntata egli ha ripetuto pervicacemente lo stesso concetto, nonostante il ministro Sacconi gli avesse spiegato il meccanismo (che non mi sembra complicato perfino per lui).

Ciò che più ha divertito il sottoscritto, però, è stato l'atteggiamento di chi ha rifiutato il piano CAI: ora si inizia a tremare. "Si riapra il tavolo", "si tratti", "si cerchi un punto d'equilibrio", si diceva nella trasmissione.
Eh no, cari amici, la cordata se n'é andata ed ora Alitalia è nelle sabbie mobili, dentro fino il collo.

Il bello è che non vi sarà più alcuna corda, anzi, cordata per tirarvi fuori.

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17 settembre, 2008

Cai Cai

Tra breve, molto probabilmente i dipendenti di Alitalia rientreranno nell'alveo dei disoccupati. Il CAI finalmente li ha mollati.

Alcuni sindacati e le sinistre, ben interpretando l'irrazionalità popolare che da sempre contraddistingue coloro i quali incredibilmente applaudono la perdita di un posto di lavoro, da domani faranno piangere ai loro seguaci lacrime amare. L'unica cosa che saltrà in aria è quasi sicuramente la società che dava loro da vivere.

Ora che è tutto finito lo posso dire: anche se Alitalia fosse stata salvata non avrei mai più volato con la nostra compagnìa di bandiera. L'idea di dare soldi a questi personaggi non mi va proprio.

Oggi la sinistra è arrivata sulle carcasse di Alitalia e per giunta pronta a dare la colpa al governo che a loro dire "avrebbe gestito male la vicenda".
Io mi chiedo: il governo pur di salvare Alitalia ha sfidato l'impopolarità concedendo un prestito ponte con I NOSTRI SOLDI, ha probabilmente infranto le regole europee sugli aiuti di stato, si è speso in tutte le maniere per settimane in trattative notturne ed interventi di mediazione, ha mediato per la concessione del 7% degli utili della CAI a favore dei dipendenti, ha garantito protezioni sociali e ricollocamenti degli esuberi, ha accettato, sempre sfidando l'impopolarità, che un pò tutti i cittadini si facessero carico dei debiti della Bad Company dell'azienda.

MA CHE DIAVOLO DOVEVA FARE DI PIU'?

Andatelo a chiedere ad un operaio che lavora in una fabbrica per 1000€ al mese e viene licenziato se il suo trattamento è equiparabile a questo!!!

Ed ora si dia il via ai licenziamenti: la collettività ha già speso abbastanza per questa società. Se vogliono mangiare, come tutti gli eroici ed anonimi cittadini che sbarcano faticosamente il lunario e grazie ai quali questo paese sta ancora in piedi, che vadano ad elemosinare un posto al call center nelle agenzie di collocamento. Chi è causa del suo mal pianga se stesso.

Addio Alitalia, non mi mancherai.

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Alitalia: chi ricorda il piano Mengozzi?

Da più parti nelle file della sinistra ho sentito dire che "Berlusconi ha rovinato Alitalia", che la colpa del casìno attuale è del Presidente del Consiglio e che la svendita da Air France - KLM sarebbe stata la soluzione migliore.

Come al solito devo intervenire per bacchettare sulle dita chi afferma queste fesserie e che invece di andare a zappare scrive o parla senza cognizione di causa.

La colpa di tutto ciò che succede ad Alitalia è UNICAMENTE della sinistra e dei sindacati.

A coloro che avessero la memoria corta o fossero così ipocriti da fingere di non ricordare, rammento che dopo il 2001 venne messo in campo da parte di Berlusconi un tentativo di risanamento, il cosiddetto "Piano Mengozzi" che prevedeva circa 4000 esuberi (tra cui 1.500 uscite e 1.200 in outsourcing) e che doveva essere attuato in blocco. Questo piano prevedeva tra l'altro un'emissione di obbligazioni per 1,7 MLD di euro (i "bond Mengozzi") i cui proventi da ricapitalizzazione avrebbero permesso ad Alitalia di iniziare un percorso di guarigione a tappe. Tale piano fu preparato con meticolosità dall'allora governo di centrodestra e doveva essere attuato nella sua completezza.

Storia però insegna che sia i sindacati che il governo di sinistra poi subentrato a quello di centrodestra si fossero ferocemente opposti a tale salvataggio ed avessero sabotato il piano Mengozzi lasciando le cose così com'erano, condannando di fatto Alitalia alla malora.

E' per questo che quando sento sinistra e sindacati accusare il governo mi ribolle il sangue: vorrei che qualcuno ricordasse il piano Mengozzi e come, per unica e totale responsabilità della sinistra, mentre Alitalia scivolava verso il collasso esso non fu attuato.

Poiché sono abituato a scrivere con cognizione di causa eccovi l'articolo del "Sole 24 Ore" dell'epoca che sarà più specifico sulle peculiarità di detto piano:

http://www.ilsole24ore.com/fc?cmd=art&artId=309279&chId=14&artType=Articolo&back=0

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16 settembre, 2008

Sei personaggi in cerca d'autore

Fra poco saremo costretti a considerare il PD alla stregua di un'enclave come gli indiani d'America od una specie estinta al pari dei brontosauri. Il centro e la sinistra tutta si stanno contraendo nella più miserabile frana politica di questi ultimi sessant'anni e la colpa di ciò è tutta loro.

Partiamo dal dopo elezioni: Veltroni, subìto lo smacco dell'emorragia di consensi che ha colpito la sinistra nella sua interezza, promise di collaborare con Berlusconi. "Se riterremo le leggi da promulgarsi utili per il paese, non faremo mancare il nostro voto", disse. Io non mi facevo illusioni: impossibile che una legge utile al paese venga percepita dalla sinistra come tale, al contrario, tutto ciò che è nocivo e mortale per la salute della nazione è considerato dalle sinistre come giusto e legittimo.

La masquerade è durata poco: già dalla legge sui clandestini (ovvero da subito) la sinistra si è rimangiata i suoi propositi collaborativi ed è scesa nell'usuale arena della rissa, usando come nel passato l'arma della magistratura politicizzata. Stavolta il governo ha però ha parato il colpo grazie alla legge sull'immunità per le alte cariche dello stato tirando dritto nei suoi propositi di risanamento.

Risultato: in quattro mesi l'esecutivo ha promulgato tante e tali leggi da mietere tra gli italiani un consenso quasi plebiscitario.

Il primo personaggio che è rimasto spiazzato da tutto questo new deal è stato Veltroni: poiché votare insieme a Berlusconi lo condurrebbe ad un immediato tracollo elettorale, egli ha scelto la via della guerra a tutto campo che rallenterà la debacle senza però preservarlo da tale inesorabile effetto. Infatti per ogni legge promulgata, ogni decisione presa, ogni intervento del governo che promuove consensi tra la cittadinanza, si rileva l'ormai automatica, disarticolata ed ottusa protesta del PD, che con questo atteggiamento affosserà sempre più Walter nelle sabbie mobili. Arrivare a dire che "la destra sta rovinando il paese" dopo l'infame esperienza del governo di sinistra è come se un serial killer facesse il predicozzo ad un eroe nazionale sul suo senso civico.
Coprendosi di ridicolo, Veltroni non ha scampo: se votasse con Berlusconi la gente gli chiederebbe come mai in tutti questi anni egli l'ha tanto avversato. Votando contro, invece, si inimicherà il popolo perché intralcerà le scelte condivise da quasi sette italiani su dieci. Ergo, la linea politica di Walter diverrà sempre più debole, improvvisata, dilettantistica e senza una precisa direzione se non quella del puro contrasto, della voglia matta o della necessità di dir di no a prescindere. Gli effetti sono così evidenti che la mancanza di proposte ed argomentazioni ha causato perfino lo scioglimento come neve al sole del governo-ombra: non osiamo pensare a cosa sarebbe successo se invece di un governo-ombra che non conta nulla il PD avesse dato vita ad un governo vero. Napoli sarebbe diventata la prima città-discarica del mondo, le donne andrebbero a spasso in burqa ed ora si parlerebbe l'arabo quale lingua ufficiale.

Il secondo personaggio in cerca di una linea politica è Di Pietro: Tonino era partito di gran carriera con il solo scopo di farla pagare a Berlusconi, di raggiungere in ambito politico (magari cercando di manovrare la magistratura da un gradino più alto dell'orchestra) quella vendetta che in campo giudiziario non era riuscito ad ottenere. Tentativo fallito, perché Berlusconi con la legge sull'immunità gli ha spuntato le armi ed ora Di Pietro annaspa in parlamento con la bava alla bocca, inferocito ma impotente.

Il terzo personaggio che è sparito dalla circolazione è Casini: il grande sognatore della nuova DC, erede di quel partito che ha grattato le casse dell'Italia per quarant'anni portandola ad un debito pubblico siderale non sa più che fare. Naviga a vista tra la destra e la sinistra, conta come il due di coppe e non può allearsi né con l'uno né con l'altro schieramento, essendosi autorelegato tra l'incudine ed il martello. Persa la sua scommessa, anche Casini cerca di vivacchiare senza una precisa linea programmatica, votando a volte sì a volte no, ma senza essere considerato seriamente da nessuno. Ben gli sta!

Il quarto personaggio che ha preso le bastonate è la Santanché. Questa donna proclamava a gran voce "mai con Berlusconi" pensando di spaccare il mondo. A distanza di quattro mesi, dopo la batosta elettorale e vista la sua incapacità di costruire un partito che non sia quello dei puffi, ella ha presentato al congresso una mozione nella quale si ventilava l'ingresso de "La Destra" nella maggioranza. Per una che affermava con fierezza che Berlusconi sarebbe dovuto andare ad elemosinare col cappello in mano i voti dei camerati, la figuraccia è stata bruciante visto che proprio lei si è dovuta mettere all'angolo della strada con la mano tesa per chiedere l'elemosina al centrodestra, da cui è attualmente guardata con diffidenza per non dire con disprezzo.

Il quinto personaggio senza una linea politica precisa è la Bonino. Dopo essere affluiti nella compagine dei perdenti, anche Pannella & Co. sono evaporati. Le loro battaglie referendarie non importano più a nessuno, la gente guarda al lavoro ed al salario, alla sicurezza ed all'efficienza della burocrazia più che ai diritti dei trans od alla conservazione degli indios del Borneo. Anzi, molte persone dopo i fatti di cronaca che hanno registrato sanguinose stragi ed omicidi efferati, stanno reclamando a gran voce la pena di morte.

Il sesto personaggio che non sa più da che parte sbattere la testa non è un individuo ma è l'intera sinistra estrema (è da considerarsi alla stregua di un individuo perché tutti messi insieme non fanno un solo cervello umano, tra l'altro in grave debito di zuccheri). Ebbene, questi continuano imperterriti a sostenere la "rivoluzione" con livore e minacce. Fuori dal mondo come sono, costoro s'interrogano sul perché la gente li ripudi e sul motivo per il quale dopo settant'anni di "rivoluzioni imminenti" solo pochi idioti che si definivano Brigate Rosse e similari abbiano preso alla lettera le loro traveggole. Questi, tra tutti, sono coloro che maggiormente navigano senza speranza, tanto che non conviene nemmeno parlarne più di tanto: come disse Virgilio quando condusse Dante nel girone degli ignavi, "non ti curar di lor ma guarda e passa".

Fortuna che grazie agli italiani che in aprile hanno votato intelligentemente, da quattro mesi siamo finalmente usciti a riveder le stelle...

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13 settembre, 2008

Come ti rovino ah, l'Italia!

Mettiamo che domani vi arrivi a casa una lettera promozionale nella quale un concessionario di automobili vi scongiura di acquistare una sua vettura perché a causa della sua scarsa professionalità e della propria ottusità egli ha accumulato un sacco di debiti.

In questa lettera vi è un invito, una brochure del prodotto ed una sorta di preghiera per l'acquisto di detta vettura a prezzi per voi vantaggiosi. Interessati e convinti di fare un buon affare, vi recate dal concessionario che vi accoglie a braccia aperte come salvatore della sua attività.

Immediatamente vi mettete a visionare l'auto: essa non è come vi era stata presentata sul depliant ma è molto ammaccata. Vabbé, dite, il prezzo è buono e ci sto dentro ugualmente.

Andate per firmare il contratto con il venditore e la chiedete di colore nero. Il venditore, subito, s'inalbera e vi risponde "no, caro signore, il colore lo scelgo io". Mandate giù con un pò di pazienza e gli chiedete l'assicurazione di sei anni sulla ruggine e di uno sulle rotture (che tutte le altre marche rilasciano). Il venditore s'incavola pure e vi dice: ma scherza? Io ho sempre venduto le mie vetture senza assicurazioni e Lei non farà eccezione, sennò si può accomodare fuori. Iniziate a rompervi le scatole. Almeno me la lasci provare, chiedete: vabbé, questo si può fare. Mentre fate un giretto col venditore sul sedile del passeggero, egli vi informa che nel contratto vi è anche una clausola che vi impedisce di modificare e rivendere l'automobile ed inoltre tale calusola introduce una vessazione secondo la quale non potrete superare i 100 km/h, pena una denuncia all'autorità da parte della concessionaria stessa. Tornati in ufficio il venditore esce sulla sogliea e parla con un collega. Lo sentite dire "Quel deficiente qui in ufficio vuole comprare l'auto, che palle, vuole anche usufruire dello sconto che avevo scritto sulla brochure 'sto stronzo! Che schifo questa gente, viene qui solo per guadagnarci su!".

A questo punto voi giustamente vi alzereste, lo mandereste a dar via le parti più occulte e ve ne uscireste irritati.
Questo è ciò che più o meno accade con Alitalia.

Chi caccia fuori i soldi, detto in modo popolare ma efficace, ha sempre ragione, specialmente se si tratta di acquistare un prodotto con molte falle e personale ribelle. Chi è dalla parte della necessità ha due strade davanti: si accontenta o va a ramengo.

Ieri alcuni dipendenti dell'Alitalia hanno fatto un gran baccano negli aeroporti e per le strade gridando "la cordata siamo noi!".

Bene, visto che la cordata sono loro che la comprassero con i propri soldi, Alitalia, tanto un assegno da mille euro può senza dubbio bastare.

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12 settembre, 2008

Fallitalia

Avete presente la leggenda di Re Mida, il re della Firgia che implorò Dioniso di fare in modo che tutto ciò che toccava si trasformasse in oro?

Bene, in circolazione vi è un altro Re Mida, quest'ultimo avente proprietà diametralmente opposte: i sindacati. Ciò che toccano i sindacati va in cacca e questa sarà una responsabilità che graverà pesantemente sulle spalle di chi sta sabotando il salvataggio di Alitalia.

I sindacati forse non hanno capito che i loro rappresentati sono in un mare in tempesta, ma belli come il sole e con fiero cipiglio, infischiandosene di tutto e di tutti pretendono ugualmente di navigarci sopra con un transatlantico a 5 stelle. Mondo, fa quel che tu vuoi ma questo è il mio passo...

Dunque Alitalia fallirà. Dispiace solo per le migliaia di persone che avrebbero accettato, certo non per coloro che hanno stracciato il piano di salvataggio, né per i sindacati. Certo che se fossi un industriale mai e poi mai investirei in Alitalia e più in generale, in nessuna società od industria italiana eccettuata magari solo la Ferrari o poche altre eccellenze esistenti nel nostro paese
Cercare di salvare un'azienda e posti di lavoro nel nostro paese è attualmente come cercare di convincere un mulo a camminare: tanta fatica per ottenere solo ed ingratitudine.

Dall'opposizione, com'é prevedibile, si iniziano a sparare le prime prevedibili bordate: "il piano del governo fa schifo" si dichiara. Già, fa schifo perché cerca di eliminare le storture di chi per anni è vissuto a suon di scioperi selvaggi e rivendicazioni continue mentre il resto del paese stringeva pazientemente la cinghia.

A questo punto Berlusconi ha fatto tutto il possibile: che molli Alitalia e mandi tutti quanti a casa, non meritano altro che questo.
Gli imprenditori impegnati nel tentativo di salvataggio potranno sempre acquistare il marchio e strutturare da zero una nuova Alitalia, se lo desiderano, stavolta assumendo personale meno bollente.

Ripensandoci, in fin dei conti l'esito più negativo è forse quello più giusto.

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08 settembre, 2008

USA - EUROPA: 200 - 0

Ieri, Domenica 7 settembre, abbiamo potuto toccare con mano le differenze sostanziali di impostazione economica che intercorrono tra la vecchia e decadente Europa e gli interventisti Stati Uniti d'America.

A fronte della famosa crisi dei mutui subprime che stava portando l'economia americana in un territorio molto pericoloso, d'urgenza ed eccezionalmente in un giorno festivo è intervenuta la Federal Reserve che ha iniettato 200 miliardi di USD di liquidità nelle casse delle due maggiori società immobiliari statunitensi, la Freddie Mac e la Fannie Mae le quali da sole detengono il 50% del portafoglio dei mutui made in USA.

Il governo statunitense con lungimiranza e con decisione è intervenuto in proprio e senza mediare con alcun istituto superiore per il semplice motivo che l'economia americana può sì fluttuare libera (e quindi incorrere anche in gravi crisi) ma può anche correggere tali crack facendo ricorso al serbatoio di liquidità del governo federale senza dover elemosinare niente da nessuno, né poter essere tacciata di "aiuti di stato" da schifiltose istituzioni onnipotenti create solo per rompere le scatole ai governi centrali.
Scrivendo in modo più semplice, quando gli americani sono seria in difficoltà, nonostante essi seguano quasi sempre le regole del mercato che prevedono fallimenti od esuberi, dispongono in via eccezionale di uno stato forte e presente che funge da guardia del corpo della loro economia. Ovviamente il governo pretende in cambio la rimozione e la messa in stato d'accusa di tutti i dirigenti delle società debitrici e non abbiamo dubbi che costoro in un paese credibile come gli States se la passeranno al fresco per un bel pò di tempo.

L'Europa invece, vecchio inutile carrozzone pieno di burocrati, di regole e di leggi suicide, ama farsi del male da sola: quando società chiave come Alitalia o similari sono sull'orlo del fallimento, accadono due cose strettamente connesse. Dapprima, si lascia tutto com'é. Gli scioperi continuano, i politici mangiano e speculano, la società va alla bancarotta trascinando anche le collegate e l'Unione Europea si disinteressa completamente del caso "perché non è di sua competenza", come se tali società appartenessero al Laos anziché ad uno stato europeo. Insomma, l'Europa si è data la regola di non avere il potere di far nulla, se non di stare a guardare come si sprecano risorse e come una malagestione porta alla rovina le sue società più quotate.

Questo finché non si arriva alla seconda fase, quella del fallimento.
D'incanto l'Europa si sveglia, acquista tutte le competenze possibili ed immaginabili, anche quella di misurare l'aria che si respira ed inizia a martellare le società già in difficoltà con continui dinieghi in nome della "corretta" competizione tra stati, come se i fallimenti delle società in questione fossero una questione remota come le macchie solari e non invece la debacle di una parte importante di risorse europee e quindi da difendere. L'Europa impedisce di aiutare le società strategiche in difficoltà, di dare una mano in termini di risorse ed un fondo europeo destinato a questo scopo è ripudiato come la peste bubbonica. Le società, insomma, devono tirarsi fuori dai guai da sole tra mille ostacoli: ciò sarebbe anche plausibile se si trattasse di società a basso impatto economico ma diventa invece esiziale nel caso in cui tali società costituiscano l'ossatura principale di una nazione. L'Europa, in nome dell'uguaglianza tra soggetti economici, equipara una piccola fabbrica di cioccolatini con la FIAT, facendo valere per entrambe le stesse regole, come se il fallimento dell'una o dell'altra avessero uguali impatti sull'economia sia del paese membro sia dell'Europa stessa.

In sintesi, dal momento che la pervasività dell'Europa è fin troppo evidente in ogni scelta ed in ogni campo del quotidiano, due sono le strade che si potrebbero seguire: la prima, annullare l'ingerenza dell'Europa sulle scelte economiche dei privati, dei governi e dei rapporti biunivoci tra di essi. La seconda, agire in modo diametralmente opposto, aumentando la pervasività di quest'ultima non esclusivamente quando i buoi sono già scappati dalla stalla, bensì allo scopo di prevenzione, costituendo un fondo di emergenza ed un organismo europeo di controllo che abbia l'autorità di intervenire PRIMA che le aziende strategiche vadano in bancarotta, ricalcando un pò l'azione della CONSOB nel momento in cui essa sospende i titoli per eccesso di ribasso e manda gli ispettori a valutare l'operato degli amministratori. In tal caso, l'Europa, invece di dormire come sempre fa, dovrebbe avere l'autorità per cancellare e sostituire i CDA delle aziende qualora le cose andassero troppo male, in maniera tale da evitare ulteriori danni e difendere capitali, posti di lavoro e ricchezza dei paesi costituenti.

Purtroppo, invece, ci troviamo con il solito vecchiume di un'Europa imbecille ed acefala, che non sa distinguere un capello da una trave e che si muove con autorità solo per intralciare e mai per migliorare.

E gli altri, deridendoci, si difendono con tutte le potenzialità a loro disposizione. Giustamente.

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05 settembre, 2008

Conflitto d'interessi nel PD

In questi giorni di fine vacanze si è parlato moltissimo di Alitalia e del piano industriale che il governo ha messo a punto per cercare di salvarla.

Con questo post non entro nel merito dell'argomento in quanto esso sarà già oggetto di un prossimo e più esaustivo articolo, però tengo a focalizzare l'attenzione su un punto che ai più sembra sfuggire.

Per anni abbiamo sentito le sinistre ripeterci fino alla nausea la solfa del conflitto di interessi riguardante il Presidente del Consiglio Berlusconi, come ciclicamente avviene per le macchie solari, le eclissi o gli avvisi di garanzia in periodi elettorali. La sinistra, non essendo in grado di gestire nemmeno il lavaggio delle proprie mutande (vedi panni sporchi in casa) e quindi a maggior ragione una strategia d'opposizione, ha inflazionato questo grimaldello allo scopo di screditare l'avversario, usandolo come chiave unica per tentare di inficiare qualunque proposta, idea od intenzione proveniente da Berlusconi. Siamo stati bombardati per più di un decennio dallo slogan contro "il Presidente proprietario di Mediaset," il riccone che rientra nella schiera di coloro che non dovrebbero far politica perché essa interferisce con una fantasiosa ed utopica visione del mondo in cui i potenti dovrebbero andare con le pezze al culo.

La sinistra dimentica però che tra le sue file si poteva annoverare un certo Agnelli (che venne aiutato in un momento di crisi dell'auto tramite gli incentivi alla rottamazione voluti, guardacaso, dalla sinistra stessa) e tal De Benedetti, che scese in campo a fianco della sinistra-bene borghese e macinasoldi.

D'altra parte il denaro ai Savonarola della sinistra non manca: D'Alema ci guarda distratto dalla sua barca - cadendo anche dal canotto (nemmeno su quello riesce a stare in equilibrio), Bertinotti si è fatto la villona in Umbria, Veltroni non fa la questua e di Prodi non ne parliamo nemmeno, svende le attività pubbliche mentre i suoi carlini se li tiene belli stretti.

Ma ciò che è accaduto negli ultimi giorni ha del sorprendente: nella sinistra, paladina di un argomento come il conflitto d'interessi che agli italiani interessa come una corsa di levrieri in Afghanistan meridionale, si è fatta cogliere con le mani nella marmellata: Colaninno Jr. è sceso in politica con il PD, mentre Colaninno Sr. sta effettuando la scalata ad Alitalia.
Il tutto con buona pace della tanto decantata incompatibilità tra politica ed imprenditoria.

L'ipocrisia appare ancora più grande dal momento che il PD guarda la cosa come se fosse la più naturale possibile: ma come, verrebbe da dire, tanto can-can per il conflitto d'interessi di Berlusconi e poi chi s'infila nella cordata e nel principale partito d'opposizione? La famiglia Colaninno.

Pecunia non olet: che figura per i "puristi" sinistri, per coloro che d'ora in poi non potranno più usare lo slogan del conflitto d'interessi e per coloro che difendono "l'operaio che, poveretto, non arriva a fine mese".

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04 settembre, 2008

Un secco NO al voto per gli immigrati!

Guardate questa faccia: non dimenticatevi mai più di questo personaggio perché alle prossime elezioni esso sarà da eliminare dalla scena politica.

Gianfranco Fini, unica voce del centrodestra che preme per il voto agli immigrati, dovrà subire la più umiliante batosta, la più bruciante sconfitta, la più sonora debacle mai vista in Italia dopo l'annichilimento della Sinistra Arcobaleno.

E' lui il responsabile dello strisciante golpe che non verrebbe mai digerito dagli italiani e che consta nella concessione del voto amministrativo agli stranieri. Fortunatamente la sua è una voce isolata nel coro dei NO a cui perfino di Pietro si è associato; nondimeno, però, questa follìa gli costerà molto caro.
Non sappiamo se mentre pinneggiava in una riserva naturale vietata alla balneazione egliabbia sbattuto il capo contro ad uno scoglio, se qualche lampreda gli abbia succhiato parte del cervello o se questa scelleratezza sia stata facilitata dal sole di agosto, certo è che Fini già da un pezzo si muove sfrittellando la manfrina del voto agli immigrati.

Noi del centrodestra diciamo compatti un deciso e secco NO a qualunque ipotesi di facilitazione, modifica, cessione di diritti, integrazione, ospitalità diretta od indiretta degli stranieri nel nostro territorio.

Chi viene qui deve rientrare nelle quote di immigrazione, verrà accolto con dignità ed in amicizia ma mai dovrà essere messo in grado di votare, né assumersi diritti che spettano ai soli cittadini italiani. Per contro, sarebbe invece il caso di innalzare ulteriormente l'aspettativa di coloro che attendono la cittadinanza estendendo il periodo di prova anche alle seconde ed alle terze generazioni: la rivolta di Parigi, d'altronde, insegna.

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