Libere Risonanze: marzo 2009

24 marzo, 2009

Etimologia di un partito

"Il nuovo partito che nasce, il PDL, non sarà un parito di destra".
Così Gianfranco Fini chiude la storia di Alleanza Nazionale ed inizia il percorso nel partito unico del Popolo della Libertà.
Non c'é dubbio che questa frase ad effetto abbia fatto scaldare molti animi: alcuni hanno pensato che Fini rinnegasse il passato ma non è così. Il "non essere un partito di destra" non significa certo non avere al suo interno il DNA che contraddistingue un partito di destra ma vuole dire semplicemente che si cerca di configurarlo come un superamento migliorativo di questa monolitica e vetusta concezione.
In questo caso secondo me Fini ha ragione: lo abbiamo visto tutti, a seconda degli avvenimenti mondiali e degli accadimenti internazionali: le politiche che si debbono adottare non possono essere "di destra" o "di sinistra" ma semplicemente quelle più efficaci e giuste per quel preciso momento che il paese si trova ad affrontare.
Fino all'89, con la divisione in blocchi contrapposti dovuta alla guerra fredda, non esisteva alcuna globalizzazione ed i paesi potevano permettersi di praticare politiche non necessariamente interconnesse. L'Italia svalutava in continuazione la sua lira, la Germania aveva il problema di un marco troppo forte, la Francia poteva permettersi di scegliere una linea isolazionista. Insomma, ogni paese poteva fare un pò ciò che voleva in una realtà scollegata da nazione a nazione.
Parimenti, una volta i partiti erano statici, rimanevano sempre uguali a loro stessi perché uguale a se stesso era il mondo. Cambiavano i leaders, alcuni erano capaci e saggi, altri stupidi o ladri, però il partito rimaneva sempre uguale perché si muoveva in un dominio chiuso, quasi ermetico.
Oggi, che lo si voglia o no, non è più così.
Il mondo è cambiato, non starò disquisire se in meglio od in peggio ma tant'é.
Oggi l'Europa che piaccia o no è integrata (anche se a mio parere molto male) in un sistema globale "ad effetto farfalla" nel quale basta che una banca dall'altra parte del mondo faccia buoni utili od abbia un problema di liquidità che subito tutte le borse mondiali ne risentono amplificando l'euforia o trascinando a picco l'economia.
Però questo continuo riassetto globale non dipende solo da fattori economici ma anche da stravolgimenti politici e culturali. Basti guardare il problema immigrazione: fino a quindici anni fa non se ne sentiva parlare perché l'immigrazione era così esigua da non costituire un problema. Ora è uno dei problemi più sentiti tra la cittadinanza del nostro paese.
Si potrebbe andare avanti all'infinito: la giustizia, le nuove tecnologìe, la questione morale, la questione etica, le grandi opere. Tutte le problematiche e le opportunità che ne scaturiscono sono legate a filo doppio con il resto del mondo. Siamo in una grande barca, insomma, di cui noi governiamo un solo remo.
Questo nuovo ordine mondiale, pertanto, deve indurre a cambiare anche la politica: ovviamente un partito non potrà mai diventare il suo opposto, il PDL non sarà mai il PD. Però un partito che agisce in maniera saggia pur mantenendo i valori che lo contraddistinguono dovrebbe potersi far carico di qualunque situazione, anche d'emergenza, che gli capitasse di dover risolvere.
Vi sono momenti storici nei quali debbono essere attuate politiche più "di destra" per poter progredire e rilanciare l'economia mediante una sana competizione tra aziende in modo da dare la possibilità di fornire occupazione alla gente. Vi sono momenti come questo in cui invece si deve attuare una politica protettiva nei confronti dei più deboli (e quindi sociale) che potremmo definire "di sinistra", anch'essa frutto dell'eredità della destra in quanto Mussolini tra tanti errori creò però a suo tempo mutue, pensioni ed un'ossatura di solidarietà sociale molto efficace. Il fatto di far intervenire lo stato nel caso in cui grosse aziende o banche falliscano lasciando sul lastrico gli italiani è una temporanea manovra più "di sinistra" che "di destra". Un precedente già ci fu, ricordiamoci che Mussolini in seguito alla crisi americana del '29 creò nel '33 l'IRI per salvare la Banca Commerciale, la Banca di Roma ed il Credito Italiano affidando il salvataggio ad un socialista, Alberto Beneduce ed imponendo tra l'altro molto intelligentemente che i politici fascisti fossero tenuti fuori da questa operazione. Allora, in quelle condizioni di emergenza, il partito fascista si comportò esattamente come un partito socialista (da cui, infatti per tradizione nacque).
A maggior ragione, quindi, parlare oggi di destra o di sinistra è una grossolana semplificazione. Un partito che si candidi a governare un paese per lungo tempo deve necessariamente essere preparato a passare tra improvvise ed inaspettate crisi e tali difficoltà impongono talvolta soluzioni "di destra" e talvolta soluzioni "di sinistra".
E' proprio per questo motivo che la sinistra oggi viene sistematicamente e fragorosamente sconfitta: essa è pervicacemente attaccata alla sua "sinistrosità dura e pura", alla granitica divisione in classi operaie e non operaie non accorgendosi che così facendo crea non solo malcontento nei confronti dei lavoratori che operai non sono ma anche tra stessi operai, i quali, così ghettizzati, invece di essere spronati ad un apporto collaborativo verso la loro azienda sono aizzati contro "il padrone", dando vita così con le loro mani alle premesse per il fallimento dell'azienda e per la loro stessa rovina.
Un partito come il PDL, invece, deve puntare sull'economia ma anche sul sociale: dev'essere di destra quando serve e di sinistra ove ve ne sia necessità. Questo concetto l'ha capito perfettamente la Lega, che infatti sta mietendo successi clamorosi l'uno dietro l'altro pescando a piene reti nel serbatoio della sinistra.
Un partito di oltre il 40% come il PDL, insomma, deve poter essere sia di destra che di sinistra: solo così, in futuro, potrà regalare all'Italia solidità, concretezza e benessere, sottraendola alle maldestre mani di chi invece fa dell'invidia e del diniego la sua unica ragion d'essere.

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23 marzo, 2009

Ecquo, il congresso inutile

Istanbul, 22 Marzo 2009: si conclude il "Forum Mondiale sull'Acqua" che ha visto 25.000 persone (venticinquemila!!!) impegnate per una settimana a discutere di ovvietà.

A fronte di una spesa economica considerevole (chiaramente comprensiva di ricevimenti, pranzi di gala, pasticcini e specialità culinarie internazionali) e dopo aver lautamente stipendiato 25.000 persone, riempito alberghi e ristoranti, affittato locali, divulgato oceani di brochures che finiranno come sottopentole, si decide dopo ben una settimana di "lavori", che "l'acqua è una necessità vitale per l'uomo" e che si "deve cercare di migliorare il suo apporto verso i paesi che non ne possiedono".

Che dire, una rivelazione simile è paragonabile solo alla scoperta del fuoco (il quale, inserito nel contesto di detto convegno fa scoprire anche l'acqua calda).

Così, dopo una settimana spesa ad arzigogolare su concetti lapalissiani e gettar capitali (quelli sì) in un pozzo senza fondo invece che impegnarli magari per la costruzione di un bell'acquedotto moderno in Biafra, i partecipanti al forum non solo partoriscono una dichiarazione che al fine è una vera e propria cazzata, ma si prendono tanto sul serio da litigare pure sul testo, perché c'é chi avrebbe voluto che si fosse puntualizzato che "l'acqua è un diritto di tutti" (altra cosa ovvia).

Ebbene, anche se la dichiarazione invece che con l'attuale testo fosse stata rettificata con il testo causa di tanto disaccordo, non abbiamo dubbi che non sarebbe cambiato alcunché, perché, come nelle riunioni dell'ONU e della FAO, questi forum servono solo a garantire una settimana di public relations e cene dispendiose a politicanti di secondo piano.

In conclusione, tanto valeva fare un forum di cinque minuti con una trentina di persone al massimo ed approvare il seguente testo: "Si precisa dopo seria ed approfondita discussione che i paesi che hanno l'acqua se la possono bere, quelli che non ce l'hanno berranno Coca Cola".

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19 marzo, 2009

Io denuncio, tu denunci...

Quando si combatte una guerra non si va tanto per il sottile: a mali estremi si devono praticare estremi rimedi.

La lotta alla clandestinità è una vera e propria guerra e se la si vuol vincere occorre farlo con ogni mezzo possibile, creando terra bruciata attorno a coloro che pensano di arrivare in Italia illegalmente e di farla franca grazie al buonismo cattocomunista che da sempre ci condanna a subire tutte le nefandezze possibili senza mai reagire.

Chi arriva illegalmente in Italia, insomma, è un fantasma e come tale non è una persona fisica, quindi non deve trovare alcun appoggio per una vita normale: non deve poter trovare chi gli affitti una casa, chi lo curi (o se lo si cura -perché è inumano non farlo- poi lo si rispedisce a casa sua) chi lo istruisca, chi gli dia aiuto, un lavoro in nero o da mangiare.
Solo così si può fermare questa spaventosa piaga, diffondendo tra gli irregolari la certezza che chi arriva qui spende solo dei soldi in un viaggio inutile.
Per quanto poi concerne la possibilità di lavorare in Italia, per gli extracomunitari si dovrebbe procedere con liste di attesa alle ambasciate e non farli entrare per permettere loro di cercare un lavoro, perché se essi non lo trovano ovviamente rimangono qui a delinquere.

Più precisamente bisognerebbe che il permesso di lavoro e quindi d'ingresso per gli extracomunitari fosse unica ed esclusiva competenza delle ambasciate.
Con cadenza mensile si potrebbero ad esempio stilare delle liste "di disponibilità" presso le aziende e dividerle per ambasciate, poi inviare ad esse queste liste di collocamento.
Alle ambasciate potrebbe essere fatto obbligo di richiedere ai cittadini extracomunitari il certificato dei carichi pendenti ed accettare solo coloro che non si sono distinti per azioni delinquenziali. In questo modo avremmo risolto il problema dell'immigrazione di gente poco raccomandabile.
Questo sistema avrebbe anche altri due vantaggi: il primo è che lo stato conoscerebbe dove l'extracomunitario lavora e quanto tempo rimane impiegato potendo anche predisporre opportune verifiche anche fiscali. Ovviamente la corretta assunzione dell'immigrato ed il suo adeguato e dignitoso trattamento dovrebbe essere responsabilità dell'azienda richiedente.
Il secondo vantaggio consisterebbe nel fatto che il lavoratore sarebbe garantito esattamente come gli italiani, l'azienda sarebbe costretta a versargli il salario sindacale, i contributi, i fondi per la malattia etc... Questo strapperebbe dalle mani della mafia o di organizzazioni criminali nostrane tutti gli immigrati.
Il che, di questi tempi, non è poco...

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18 marzo, 2009

Perdonatelo perché non sa quello che dice

Non mi piaceva il Papa di prima.
Non mi piace quello di oggi.
Purtroppo l'Italia quasi quotidianamente ha una pesante palla attaccata alle caviglie: quella della Chiesa Cattolica, che continua a sfornare Papi giurassici e fuori dalla realtà come forse solo i comunisti (ma quelli davvero ortodossi) riescono ad essere.
Bene hanno fatto Francia, Germania ed Unione Europea a scagliarsi contro le parole dette dal pontefice che vorrebbero scoraggiare l'uso del preservativo: se dessimo ascolto a quest'uomo l'unica libertà concessaci sarebbe quella di come genufletterci per tutto il giorno.
Il capitalismo? Sia Woytila che Ratzinger lo hanno definito una sorta di demone da combattere, se non fosse che proprio il capitalismo dà da lavorare e da mangiare alla gente e che a causa degli sciagurati patti lateranensi mantiene con le nostre tasse lo spocchioso clero.
Il sesso? Manco a parlarne! Vita monastica e via andare, poi si legge di sacerdoti pedofili od intrigati in pratiche sessuali da kamasutra sperimentale.
Il denaro? Orrore, è il vitello d'oro dell'era moderna. Eh, già, allora come la mettiamo con Marcinkus e le banche vaticane che macinano soldi come se fossero grano?
La ricerca sulle staminali e sulle cellule embrionali? Per carità! Così la gente potrà morire tranquillamente di tumore tra lacrime e tormenti. Beh, in fondo il dolore avvicina a Dio, no?
I Clandestini? Aprite le porte delle vostre case, fratelli, però nelle Chiese mai!
L'eutanasia? Nemmeno per sogno, Welby dall'altro mondo ringrazia l'umanità della Chiesa per non avergli nemmeno concesso il funerale.
I preservativi ed i contraccettivi? Lungi da noi! Ascoltiamo tutti il Papa, così tra cinque anni avremo una popolazione mondiale di trenta miliardi di persone di cui la metà malata di AIDS ed epatite c.
Bravo Joseph, continua così: poi non lamentarti quando la gente vi manda a quel paese...

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13 marzo, 2009

Disastroso McCain

I più in Italia non lo sanno perché la notizia non è stata diffusa con la dovuta importanza ma una dichiarazione del senatore ex competitore per la poltrona allo studio ovale John McCain ha messo i brividi a tutto il sistema finanziario sia americano che mondiale.
Il senatore McCain ha affermato con una leggerezza che ha dell'incredibile che "se fosse stato per lui avrebbe lasciato fallire qualche banca ed azienda in difficoltà" facendo riferimento implicito alle grosse banche d'affari, gruppi assicurativi ed aziende dell'auto che in questo periodo di crisi arrancano nel panorama economico mondiale.
Una dichiarazione simile mi sembra o sintomo di senilità incipiente oppure di irresponsabilità conclamata: in un momento in cui i discoccupati fioccano e circolano nel mondo prodotti tossici in parte anche causati dal fallimento di Lehman-Brothers, far circolare un'affermazione simile è un vero e proprio atto di terrorismo economico.
Forse il senatore McCain non comprende che se fallissero banche ed aziende del calibro di Citibank, di General Motors o di Ford la crisi globale si aggraverebbe in maniera terrificante facendo saltare come in un domino tutte le banche che detengono titoli od azioni di queste aziende. Senza contare, inoltre, che a loro volta le banche fallite inquinerebbero con altri tossici altre banche perché esse stesse emittenti di titoli ed azioni che a quel punto diventerebbero carta straccia.
Proprorre un simile piano di fallimenti sarebbe come dare la spinta definitiva per buttare nel baratro l'economia americana e mondiale. Una pazzìa, insomma!
Bene invece sta cercando di fare Obama nello statalizzare provvisoriamente le aziende in difficoltà: in certi momenti della storia, ovvero durante crisi particolarmente acute, non si può sottilizzare sulla provvisoria sospensione del libero mercato perché quando in gioco vi sono milioni di posti di lavoro ed il pericolo, anzi, la certezza, che l'economia ne esca incenerita la soluzione più intelligente è quella di prendere atto di dover intervenire con quasiasi mezzo mentre si riscrivono le regole del gioco.
Qui non si tratta di socialismo, si tratta di sopravvivenza: forse qualcuno a McCain dovrebbe dirlo, perché il paragone è come quello di un paziente affetto da una grave e contagiosa malattia che viene costretto ed internato in un reparto d'isolamento: la sua libertà personale viene giustamente e provvisoriamente sospesa onde evitare che dissemini in giro la malattìa.
Dopo una simile dichiarazione, dunque, inorridendo per l'incredibile leggerezza di certi discorsi di un uomo che ora reputo come assolutamente inadeguato a ricoprire qualunque carica politica di rilievo, sono ben contento che alla Casa Bianca sia seduto il candidato democratico Barack Obama.
E senza alcuna ideologia ma con logico pragmatismo faccio il tifo per lui.

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